In pensione prima del tempo ma con gli interessi da pagare

Nessun regalo. L’anticipo della pensione fino a 3 anni e 7 mesi si dovrà pagare per intero, interessi compresi, per venti anni.

Il decreto varato ieri dal Consiglio dei ministri regola infatti l’Ape volontaria, diversa dalla versione «sociale», approvata dal governo a maggio, che è totalmente gratuita per i pensionandi e quindi a carico della fiscalità generale.

I CASI

Il conto dell’anticipo pensionistico lo pagano i diretti interessati. In cambio di tre anni e sette mesi di libertà dal lavoro, un pensionato da 3.000 euro lordi al mese (circa 2.100 netti), avrà un assegno anticipato di poco superiore ai 1.600 euro. Poi, una volta maturati i requisiti per la pensione regolare, dovrà restituire 330 euro al mese. Il suo assegno sarà di 1.780, tra il 13 e il 15% in meno di quanto avrebbe percepito senza anticipo. In tutto, sui 20 anni, sono circa 86 mila euro, a fronte di un prestito di 57.600 euro. Con una pensione che al momento della domanda è di 4.000 euro lordi al mese (2.700 netti), il trattamento anticipato sarà intorno ai 2.000 euro.

La rata mensile da restituire al termine dei tre anni, 2.200 euro al mese, con una trattenuta di 421 euro. Con una pensione netta di 1.500 euro, sempre per 36 mesi, di potrà ottenere 1.170 euro al mese e poi una pensione definitiva di 1.300 euro al mese, decurtata per 20 anni per circa 240 euro.

A CHI SPETTA

L’Ape volontaria, a differenza di quella social che è riservata a determinate categorie di lavoratori disagiati o precoci, riguarda tutti i lavoratori. Pubblici, privati, autonomi e iscritti alla gestione separata Inps. Non chi aderisce a casse autonome. Potranno richiedere un anticipo della pensione da sei fino a massimi 43 mesi grazie a un prestito concesso dalle banche, che dovranno restituire una volta maturato il diritto alla pensione di vecchiaia.

I REQUISITI

Sono quelli dell’età, cioè l’avere compiuto 63 anni entro il 31 dicembre del 2017 e avere maturato almeno 20 anni di contributi. Devono mancare alla pensione al massimo 3 anni e sette mesi, con una certa flessibilità dovuta agli eventuali aumenti dell’età pensionabile dovuta alle speranze di vita. Quando, nel 2019, l’età pensionabile andrà a 67 anni tondi, chi chiederà l’Ape volontaria potrà eventualmente anticipare fino a 3 anni e 10 mesi. Chiaramente pagando un costo più alto. Altri paletti: non essere titolari di altre pensioni e avere diritto a un assegno che non sia inferiore a 1,4 volte il minimo (oggi 702 euro).

A QUANTO AMMONTA L’APE

Il dato base è la pensione maturata quando si presenta la domanda. Quindi dal maggio 2017 (il decreto approvato ieri prevede che la norma sia retroattiva e rispetti le date fissate dalla legge di Stabilità). Il massimo che si potrà ottenere è il 90% del netto, se l’anticipo non supera i 12 mesi. La percentuale scende all’85% se è fino a 24 mesi, 80% fino a 36 e 75% da fino a 43 mesi.

QUANTO COSTA

L’anticipo non è gratis e non solo perché l’assegno ponte che porterà il lavoratore alla pensione piena sarà totalmente restituito in 260 rate per 20 anni mediante una trattenuta Inps. Ci sono commissioni e interessi. Nello specifico, una commissione per accedere al fondo di garanzia dell’1,6%. È una assicurazione che copre le banche nel caso in cui il pensionato muoia prima dei 20 anni. Poi il tasso di interesse. L’accordo tra il governo e l’Abi, l’associazione delle banche, non è ancora stato siglato, ma un possibile tasso di interesse è già stato ipotizzato ed è al 2,8%. In sostanza il prestito ha un costo del 4,4%. Anche se gli oneri del prestito potranno essere detraibili per il 50%. La pensione anticipata volontaria è calcolata al netto anche perché si tratta di un prestito ed è quindi esentasse. Al termine dei 20 anni, l’assegno previdenziale tornerà intero. Non si dovranno più pagare né la rata né gli interessi, né l’assicurazione.

IL GIORNALE

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