Se la violenza aggredisce con volto amico
Due ragazze americane di 21 anni denunciano uno stupro da parte di due carabinieri in servizio. I due ora sono solo indagati. Anche solo ipotizzare che chi dovrebbe garantire la sicurezza delle donne, come di tutti, cui dovremmo rivolgerci in caso di violenze -, possa invece rivelarsi un violentatore, è a dir poco agghiacciante. Vale il principio di innocenza fino a sentenza definitiva, come per chiunque, però quanto avvenuto ripropone comunque la necessità di aprire bene gli occhi sulle violenze contro le donne e, in particolare, su una caratteristica di queste aggressioni. Ovvero che nella maggioranza dei casi le violenze avvengono proprio da parte di qualcuno da cui non te lo aspetteresti mai. Prima dei 16 anni, da parenti, amici di famiglia, conoscenti. Dopo i 16 anni, da fidanzati, partner, persone che si amano o si sono amate in passato. Senza parlare di quelle perpetrate da amici, colleghi e conoscenti. Insomma, siamo circondati da autori di violenza contro le donne, spesso insospettabili. Gli estranei sono la maggioranza dei molestatori, autori delle molestie meno gravi. Più la violenza è grave, maggiore è il peso della violenza inaspettata, proprio perché da parte di persone che si amano o si sono amate o che si conoscono. La violenza è trasversale.
Attraversa tutte le classi sociali, può essere perpetrata da italiani o da stranieri, da persone istruite e non. Tutte le donne sono esposte alla violenza da parte di chi non si aspettano e tradisce la loro fiducia, un tipo di violenza che mina profondamente la qualità della vita, perché insinua un senso di insicurezza permanente. Ora le donne denunciano di più, ne parlano di più con altri, anche se sono ancora troppe quelle che non lo fanno. Quindi, ne veniamo a conoscenza più frequentemente. Le violenze inattese c’erano anche prima, ma se ne parlava meno. Per questo non mi meraviglierei se la violenza denunciata dalle ragazze americane venisse provata. E ciò che più è terribile è che le donne in questo civile Paese debbano ancora dover mettere in conto di dover subire, prima o poi, nella loro vita una qualche violenza imprevedibile.
Come potranno le donne, se questo fatto fosse provato, rivolgersi con fiducia alle forze dell’ordine per denunciare? Dobbiamo lavorare per un Paese in cui fatti del genere non siano più concepibili, in cui le relazioni siano basate sul rispetto reciproco, anche quelle sessuali e l’amore non si configuri come possesso. Un Paese dove le donne siano libere di vivere, e anche di uscire da una discoteca dopo aver bevuto un po’, senza dover rischiare di essere violentate. Un Paese dove gli uomini reagiscano decisamente a questo scempio. Spero ardentemente che i due carabinieri non abbiano commesso il fatto, ma se si proverà che questa violenza è avvenuta che non si dica «ma erano ubriache, erano drogate». Perché, semmai, ciò sarebbe una aggravante per chi se ne è approfittato, invece di fornire protezione, com’è dovere, e come fanno, tanti uomini e donne delle forze dell’ordine.
Nel nostro Paese c’è poca fiducia negli altri, solo il 30% dei cittadini dichiara di averne. Eppure la polizia, dopo i vigili del fuoco che sono in assoluto i più amati, gode tuttora della fiducia dei cittadini. La colpevolezza di due carabinieri sarebbe dolorosa per chi come me ritiene che Carabinieri e Polizia possano e debbano essere attori fondamentali nella battaglia contro la violenza sulle donne. Liquidare il caso di Firenze con la formula delle «pecore nere», non sarebbe sufficiente né lungimirante. Anche nelle forze dell’ordine sarebbe auspicabile una maggiore presenza di donne, specie in ruoli dirigenziali, per eliminare quelle residuali incrostazioni di maschilismo che sopravvivono come, del resto, in tutti i campi della vita pubblica. I centri anti-violenza lo sostengono da tempo. A prescindere da come andrà a finire la vicenda, è evidente che il Paese e la politica sono chiamati ad una grande mobilitazione trasversale per sradicare la violenza ed in particolare quella cosiddetta «inattesa».
E dobbiamo farlo con una azione sistematica, bisogna intervenire tempestivamente, sostenere i centri anti-violenza, proteggere chi denuncia, educare alla cultura del rispetto e al riconoscimento pieno della libertà femminile, sia gli italiani che gli stranieri. Sì, perché la volontà di dominio e di possesso dell’uomo sulla donna non c’è solo nelle comunità dove è ancora culturalmente «ammesso» che la donna sia considerata inferiore, ma purtroppo anche nella nostra. Viene da lontano e per essere sradicata ci vorrà una grande offensiva culturale, che ci deve vedere uniti tutti, uomini e donne, indipendentemente dagli schieramenti politici. Ci vuole un’azione di educazione permanente. E poi troppi violentatori la passano liscia, troppi gli intoccabili. Troppe donne muoiono dopo aver denunciato. Piena luce sui fatti. La violenza non deve rimanere impunita, in nessun caso.
LA STAMPA