Case cantoniere requisite per i profughi Il Trentino in rivolta contro l’accoglienza
Trento In Trentino le abitazioni private messe a disposizione dei richiedenti asilo non bastano più, così la provincia passa ad interessarsi alle case cantoniere come future sedi per i profughi.
Questo è quanto emerge dall’interrogazione provinciale depositata dal consigliere Claudio Civettini, a seguito del sopralluogo fatto nei giorni scorsi nella la casa cantoniera di Masi di Avio. Già da tempo il sindaco di Avio, alla richiesta della Provincia Autonoma di Trento di trovare alloggi per profughi e richiedenti asilo, aveva risposto picche. Sembrava che la PAT si fosse, quindi, rassegnata ma in questi giorni torna alla carica questa volta però aggirando il problema, vale a dire semplicemente bypassando l’amministrazione comunale. Insomma quando i numeri lo richiedono, la tanto decantata strategia tridentina di spalmare sul territorio i profughi in collaborazione con gli enti locali, al fine di integrare nelle comunità il contingente di richiedenti asilo assegnati, può passare in secondo piano.
È così che, senza che nessuno sapesse nulla, il Sindaco si è trovato presso la casa cantoniera di Masi di Avio i tecnici della provincia oltre che i Vigili del Fuoco, per controllare l’agibilità della struttura. Pare, anche se nessuna conferma è arrivata ancora dalla Provincia Autonoma di Trento, che alla piccola ma molto coesa comunità di Avio siano destinati circa una ventina di richiedenti asilo, evenienza che al di là del numero, che emerge dall’interrogazione, il sindaco definisce «quantomeno preoccupante», perché senza ombra di dubbio una frazione di meno di una cinquantina di abitanti ne risulterebbe totalmente disgregata.
«D’altronde – spiega il sindaco Secchi – il territorio di Avio ha affrontato negli ultimi anni numerosi problemi, prima di tutto di natura economica per la penuria di lavoro e, di certo, andare ad inserire migranti di cui non conosciamo la storia non è una cosa positiva. Nella cittadina già risiedono stabilmente numerosi immigrati che, avendo scelto loro di venire, non hanno mai dato alcun problema ma anzi si sono perfettamente integrati nel tessuto sociale. Inserire forzatamente persone che nemmeno vogliono integrarsi è una scelta scellerata». Ma al di là di queste problematiche che investono indistintamente tutto il territorio nazionale, non si può non riflettere sulla singolare scelta di utilizzare le case cantoniere; dopo i numerosi bandi pubblicati dalla Pat per sistemare in abitazioni private i richiedenti asilo, se ci si spinge fino al punto di acquisire le case cantoniere per dare un tetto ai migranti, vuol dire che il modello trentino non sta dando i frutti sperati e che l’intero sistema potrebbe essere vicino al collasso.
D’altronde in Trentino «ci sono oltre 170 amministrazioni comunali, in pochissimi abbiamo espresso formale dissenso all’arrivo dei profughi e vista la condanna degli altri sindaci mentre io tutelavo la mia comunità, ora siano pronte le altre amministrazioni a dare accoglienza – conclude Secchi -, non vedo perché forzare la mano proprio ad Avio».
Intanto mentre i problemi legati alla disoccupazione sono tutt’altro che risolti, il Cinformi continua a proporre alle aziende trentine di prendere come tirocinanti non retribuiti giovani extracomunitari a costo zero per inserirli nel mondo del lavoro. All’ultimo posto rimangono sempre e comunque gli italiani.
IL GIORNALE