“Gentiloni candidato premier”. Una fronda anti-Renzi nel Pd

carlo bertini, alessandro di matteo
roma

«Abbiamo bisogno di istituzioni rassicuranti», sorride con tono soffice Paolo Gentiloni di fronte ai manager della Fiera del Levante. E proprio a questo pensano i tanti che lo vedrebbero bene candidato premier alle politiche. A rompere il tabù, scandendo in pubblico per primo un’idea che frulla nella testa di molti nel Pd e che inquieta assai i renziani, è Michele Emiliano, che fa gli onori di casa. «Se Gentiloni, come io mi auguro, assumesse la leadership del centrosinistra, immagino che il suo contributo al paese, all’Italia, e anche al centrosinistra sarebbe ancora più importante». Il governatore pugliese, capo di una delle correnti di minoranza, lancia una sfida a Renzi sul piano del consenso al sud, conscio di allargare un solco non ricomponibile da qui alle politiche, con tutte le conseguenze del caso sulle liste: come spiegano i pugliesi a lui vicini, «da luglio Renzi non dà segnali, malgrado la disponibilità offerta da Michele. E lo stesso dicasi per Orlando…».

 Il Guardasigilli ha un centinaio di parlamentari uscenti che temono di non rientrare in gioco, assistendo impotenti a quello che gli avversari del segretario Pd chiamano «il clima di chiusura in un bunker» di un «partito dell’autosufficienza»: e quindi i peones delle minoranze si sentirebbero forse più tranquilli cambiando cavallo. Non a caso, a dare voce a questa suggestione, che si fa largo tra le truppe, di un “Gentiloni candidato” era stato qualche giorno fa un graduato di rango: Cesare Damiano, il presidente della commissione Lavoro che fa parte della corrente di Orlando.

Del resto, i fuoriusciti tendenza Bersani raccontano che «da dentro al Pd, da Orlando, da Franceschini, continua ad arrivare un messaggio a Pisapia: dopo la probabile batosta in Sicilia guarderemo Renzi negli occhi e gli spiegheremo che lui è il segretario Pd, ma che per vincere serve un centrosinistra unito e dunque un leader della coalizione capace di ricucire. E una legge elettorale che agevoli la costruzione di una coalizione». E non è un caso che sabato prossimo Orlando terrà a Roma la prima iniziativa della sua associazione Dems, dal titolo molto esplicativo: «Un nuovo centrosinistra, per unire l’Italia». Presenti Carlo Calenda, Giuliano Pisapia e Nicola Zingaretti.

 

«La scelta di Renzi di fare tutto da solo restringe le sue possibilità – mette in guardia Damiano – considerato il fatto che oggi vengono premiati leader come Gentiloni, capaci di unire più che dividere». Il terreno per forgiare la nuova leadership, secondo Mdp, potrebbe essere la legge di bilancio: «Gentiloni può diventare il leader di un rinnovato centrosinistra se si smarca da Renzi e apre a Mdp sulla manovra…».

 

Peccato che i due interessati, Renzi e Gentiloni, abbiano trovato un modus vivendi che li ha portati a gestire i conflitti senza dare nell’occhio. E a chiudere un patto di ferro, raccontano i renziani, sul tema che avrebbe potuto diventare un tormentone: la durata della legislatura. Decisione in capo al Quirinale certo, ma che premier ed ex premier agevoleranno. Dopo aver concordato un compromesso: si potrà chiudere dopo la manovra a fine dicembre, come chiesto qualche settimana fa dal capogruppo Ettore Rosato, andando però a votare non di corsa a febbraio, ma a metà marzo. Come avevano di fatto prefigurato esponenti vicini a Gentiloni.

 

Il leader Pd, che pure ieri in Sicilia ha fatto i complimenti al premier, sa bene che il tema “Gentiloni candidato” verrà usato come testa d’ariete se si perdesse nell’isola. Ma per i renziani il tentativo di spallata finale non andrà in porto, soprattutto perché la massa dei peones Pd che aspirano alla ricandidatura ci penserà due volte a schierarsi contro il segretario in carica. Per non dire dell’altro fattore: l’assenza di una coalizione. Fattore non indifferente, perché i convitati di pietra, ovvero i compagni di Mdp e lo stesso Pisapia, non sono in procinto di stringere patti col Pd. «Gentiloni candidato è uno scenario improbabile», taglia corto Massimiliano Smeriglio, uno dei big di Campo progressista. «Poi certo, ha riportato nel paese un clima di maggiore serenità, ma se e quando rinasceranno le coalizioni, noi chiederemo innovazione e primarie…».

LA STAMPA

 

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