Filippo Facci contro gli eco-catastrofisti: la verità è che ci regaleranno freddo e miseria
C’ è la sintetica lezione di Carlo Rubbia in Commissione ambiente, risalente a tre anni fa, e ci sono le articolate e complete revisioni di tutti gli studi pubblicati finora sul rapporto tra cambiamenti climatici e riscaldamento globale, compresi quelli avanzatissimi del Noaa (National Oceanic and Atmospheric Administration) che negli Stati Uniti si occupa principalmente di meteorologia. C’ è molto, insomma, per smontare tutte le sciocchezze che in questi giorni si vanno ripetendo sul riscaldamento globale: e questo senza dover per forza scegliere tra le posizioni specularmente ottuse dei negazionisti o dei catastrofisti, coloro cioè, in entrambi i casi, che non perdono neppure questa occasione per colpevolizzare o criminalizzare gli avversari o i presunti responsabili. Per esempio c’ è la sindaca Raggi che ha citato il riscaldamento globale per giustificare le inefficienze romane di fronte a un giorno di pioggia, c’ è la presidenta Boldrini che si è inventata 500 milioni di rifugiati climatici «se continuiamo così», c’ è il Papa che ha citato esclusivamente «la colpa di tutti noi» come se gli umani fossero l’ unica causa e soluzione possibile del problema, poi ci sono le responsabilità ridicolmente attribuite a Trump (che è lì da qualche mese) quando persino lo statunitense Gfdl (Geophysical Fluid Dynamics Laboratory) è arrivato alla recentissima conclusione (per fermarci agli uragani) che è ancora prematuro attribuire alle attività umane un impatto rilevabile sui ciclioni e gli uragani che si formano nell’ Atlantico: impatto che probabilmente c’ è, ma – spiegano gli studi – non siamo ancora in grado di rilevarlo, sia per la sua portata (contenuta) sia per i limiti tecnici nell’ analizzarlo.
Ci sono poche certezze, però ci sono. Liquidiamo quelle politiche, che tanto facciamo presto: una è che se abbassare la temperatura di 2 gradi fosse anche possibile – Carlo Rubbia è convinto del contrario, per esempio – la cosa comporterebbe un abbattimento del Pil mondiale da 2 al 6 per cento: e nessuno se lo sobbarcherà da solo. Un’ altra certezza è che a ogni progresso segue una reazione, ergo, per dire, chi ha già sviluppato delle energie alternative (che sono costose) spesso ha compensato tornando anche al carbone; in Texas, paradossalmente, il costo dell’ energia solare è calato dell’ 80 per cento (dal 2009) ma il risultato è che, calato il prezzo del petrolio, ricominciano a circolare macchinoni inquinanti. Poi ci sono, sempre politicamente parlando, Cina, Russia, India e Brasile che hanno posizioni rivendicative con Usa ed Europa, cioè dicono: ma come, inquinate da 200 anni e volete fermarci ora che ci stiamo sviluppando? Gli Usa di Trump (e prima di Trump) hanno la difficoltà di spiegare perché un americano inquina tre volte un cinese, mentre l’ Europa, abituata a far la prima della classe, è stata zittita dall’ ancora caldo caso Wolkswagen.
Più in generale, c’ è la certezza scientifica ormai accettata – i negazionisti si mettano l’ anima in pace – che che il riscaldamento globale è causato anche (anche) dall’ uomo, ma non è calcolabile con precisione quanto: ciò rende difficile capire quanto si possa realmente incidere nel contenerlo.
Detto questo – lo ha spiegato ancora Carlo Rubbia – l’ evidenza dei cambiamenti climatici è in parte dovuta a fattori naturali, e ben vengano gli esempi di quando Annibale attraversò le Alpi con gli elefanti (periodo in cui faceva molto più caldo di ora) o quando ci fu la cosiddetta «piccola glaciazione» tra il 1500 e il 1600. Questi cambiamenti ci sono sempre stati, e poi sì, c’ è l’ azione antropica, cioè dell’ uomo: lo stesso Rubbia ammette di aver osservato almeno undici cambiamenti climatici solo da quand’ è nato – nel 1934 – e in pratica stiamo parlando delle massicce emissioni di gas serra e anidride carbonica dovute alle produzioni industriali e alle flatulenze degli animali da allevamento. Ma ci sono azioni naturali che fanno impallidire quelle dell’ uomo, e basti pensare a certe devastanti eruzioni vulcaniche come quella ottocentesca del Krakatoa: le onde d’ aria generate (e relativa Co2) viaggiarono sette volte intorno al mondo, e il cielo si oscurò per giorni. Ma la difficoltà nel calcolare l’ influenza dell’ uomo sul riscaldamento non toglie che l’ influenza ci sia, anche se Rubbia – che parla per fatti e per dati – nega che le nazioni del mondo siano in grado di abbassare la produzione di anidride carbonica come invece dicono che potrebbero. E qui si rientra nelle opzioni politiche e tecniche per affrontare comunque il problema: Rubbia – non da solo – diffida dell’ impegno «coercitivo» dell’ Europa nell’ autoridursi le emissioni, impegno contrastato anche da tanti lobbisti-negazionisti dell’ industria energetica e petrolifera: ma il premio Nobel parte comunque dal principio che sia evidente un ruolo umano nella crescita delle temperature (che definisce «esponenziale») ma tra le soluzioni oppone l’ esempio degli Stati Uniti e del riutilizzo di gas naturale a zero emissioni: in questo lo scienziato porta acqua al proprio mulino (da anni persegue un progetto del genere con l’ Institute for Advanced Sustainability Studies, a Potsdam, in Germania) e l’ obiettivo, dice, è produrre energia senza emissione di anidride carbonica partendo appunto dal gas, soluzione a suo dire definitiva perché la materia prima è disponibile ancora per migliaia di anni. Ma è un progetto che all’ Europa non interessa. Il vecchio continente ha puntato tutto sullo sviluppo delle energie rinnovabili (costose, con poca resa, perlopiù non trasportabili) mentre gli Stati Uniti hanno fatto una scelta che ha dato risultati positivi, puntando sul gas naturale come materia prima prodotta in casa: col risultato che costa molto meno (sino a cinque volte meno rispetto al prezzo europeo) e impatta ancora meno. L’ Europa, colpevolmente, si limita a importare il gas dalla Siberia e dall’ Algeria e tralascia appunto lo «shale gas», che invece è diventato regola negli Usa e lo sta diventando in Cina: estratto da riserve autoctone, è il cosiddetto «gas di scisto» intrappolato nelle rocce a circa 2-3 chilometri di profondità, nelle rocce sedimentarie. Poi ci sarebbero i clatrati – che Rubbia ha citato nella commissione ambiente del Senato, nel gennaio 2016, lasciando tutti interdetti – che sono disponibili nelle profondità degli oceani: in sostanza è metano in quantità infinita, ma anche questa soluzione non pare interessare alla Comunità Europea, che si fustiga, si colpevolizza e soprattutto si crogiola nel proprio antropocentrismo: illusa che, a salvare o distruggere la biosfera di un intero Pianeta, possa essere una volontà politica e non, come capita da milioni di anni in tutto l’ universo, la natura stessa.
di Filippo Facci
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