“Inaccettabili i comportamenti che screditano le istituzioni”. Ma Gentiloni si dissocia da Renzi
è proprio vero, non c’è tanta gente alla Festa nazionale dell’Unità del 2017, anche se quando Paolo Gentiloni entra nel capannone-ristorante delle braciole e delle tagliatelle, dai tavoloni di legno si alza un applauso verace, vecchi compagni si alzano, stringono la mano al Presidente e lui, per una volta non fa il ritroso, si lascia abbracciare, stringe mani a grandi e piccini. Ma la vera sorpresa arriva poco più tardi: il capannone degli eventi che applaude con calore e lui, il presidente del Consiglio, affronta l’intervista col direttore del “Foglio” Claudio Cerasa con un piglio, una grinta, un tono alto, spesso altissimo della voce. Roba mai vista nei 262 giorni precedenti.
Ma nella notte di Imola è accaduto qualcosa. Gentiloni, per la prima volta, ha mixato la sua misura con un grinta inusuale. E d’altra parte l’impatto di Paolo Gentiloni sul “popolo” della festa dell’Unità non è soltanto un dato di colore. La crescente popolarità (almeno nei sondaggi) del presidente del Consiglio, che in tutte le rilevazioni supera Matteo Renzi, d’ora in poi colloca ogni evento pubblico (tra la gente o nel Palazzo) sotto una nuova lente. Non tanto perché Gentiloni stia covando una leadership alternativa o un “tradimento” di Renzi – nulla di più distante dal suo pensiero – ma perché la forza delle cose potrebbe riscrivere una gerarchia che, al momento colloca Matteo Renzi al primo posto all’interno del Pd, ma assai meno quotato per un ritorno a palazzo Chigi. Ecco perché l’accoglienza dei militanti emiliani è stato spiazzante.
Molto significativo il momento nel quale la platea ha accolto il suo premier quando Gentiloni, invitato ad esprimere la differenza tra Pd e Cinque Stelle, ha risposto: «Il lavoro che faccio non mi consente di fare polemiche partitiche». E a quel punto si è alzato il battimani più caldo di tutta le serata. E ancora: «Se continueremo a spacciare paura raccoglieremo odio e violenza». Altro applauso a scena aperta. E, a sorpresa, Gentiloni,che in tutta la sua vita ha sempre parlato di centrosinistra e di progressismo, si è prodotto in un excursus sui valori di «sinistra», anche in questo caso raccogliendo consensi e incoraggiamenti da una platea. E anche sul Pil ha usato parole che sono piaciute: «Se il Pil non fa crescere i posti di lavoro, alla gente non possiamo dire; è cresciuto il Pil, perché altrimenti ci prendono per matti e ci dicono: mica mangio il Pil».
Un endorsement significativo per Paolo Gentiloni è arrivato da Enrico Letta. Intervenendo a Cesenatico alla sessione estiva della sua Scuola politica, tra trecento studenti entusiasti per la loro esperienza l’ex presidente del Consiglio ha lanciato un Sos all’opinione pubblica per il fatalismo col quale il sistema Paese sta affrontando il probabile, pericolo stallo post-elettorale. Letta ha parlato di «una somalizzazione della scena politica italiana, con tante bande, tanti signori della guerra, ognuno con i suoi fedelissimi…». E in questo contesto, dice Letta, «spero che dopo le elezioni continui a governare Paolo Gentiloni». Rinunciare allo ius soli? «Un atto crudele, miope, di paura». Il ritorno di Berlusconi? «Guardo esterrefatto». Il Pd? «Io mi sono abituato a portare uno zaino leggero…». La strategia elettorale del Pd: «Ingrugniti con tutti, pronti a dar calci a chiunque».
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