Stati Uniti, le carte dell’ambasciatore: “Con l’Italicum Grillo può vincere le elezioni”

“I mercati finanziari restano più preoccupati per i rischi a medio e lungo termine, ossia una potenziale vittoria elettorale del Movimento 5 Stelle alle elezioni del 2018″. Emerge questo timore nei rapporti inviati a Washington dall’ambasciatore John Phillips, di cui da un’anticipazione La Stampa. I documenti sono scritti a ridosso del referendum costituzionale dello scorso 4 dicembre, e danno un affresco su come sia percepita oltreoceano la situazione italiana.

Il primo dicembre Phillips scrive: “Matteo Renzi non è obbligato a dimettersi, ma probabilmente lo farà, per poi ripresentarsi davanti al Parlamento per chiedere la fiducia su un Renzi bis”. Gli Stati Uniti temono che la sconfitta del premier rafforzi i movimenti estremisti e populisti, determinando una forte instabilità politica che aumenterebbe i rischi per la tenuta del sistema bancario. Nel rapporto del 30 novembre, lo “Short term economic outlook on referendum”, si dà per scontata la vittoria del No, evidenziando le conseguenze negative sui mercati, quali le difficoltà per le banche – come Monte dei Paschi – di portare a termine gli aumenti di capitale che hanno in programma. Tuttavia, l’ambasciatore evidenzia come il No sia già stato messo in conto dagli esponenti del mondo economico-finanziario, e anche dai dirigenti della Banca d’Italia, che si aspettano un po’ di volatilità ma “non la fine del mondo”.

Le osservazioni più interessanti sono contenute nel rapporto del primo dicembre, nel quale l’ambasciatore scrive per sfatare alcuni miti sul referendum. Tra questi che il premier dovesse evitare la consultazione e che il governo dovesse concentrarsi su altre priorità. Phillips ricorda che l’esecutivo guidato da Renzi è stato creato per fare le riforme, e a questa condizione il Presidente Napolitano aveva subordinato la propria rielezione. Ma la parte più rilevante riguarda l’idea che la riforma spiani la strada per Palazzo Chigi a Grillo. Scrive Phillips:” La legge elettorale non è oggetto del referendum. In effetti se vincesse il Sì e l’Italicum restasse intatto, il M5S avrebbe una possibilità realistica di vincere le elezioni e formare un governo. Ma nulla impedisce di cambiare la legge elettorale”.

Il 5 dicembre, all’indomani della sconfitta del Sì, l’ambasciatore invia a Washington un rapporto “sensibile”, nel quale evidenzia l’errore di Renzi di personalizzare il referendum. “Tuttavia”, aggiunge, “Grillo non è sulla soglia del potere”. Phillips non crede che il M5S voglia andare alle urne. L’esuberanza del movimento di Grillo maschera una crisi interna, di leadership. Il M5S vuole tempo per gestire le fibrillazioni al suo interno e sanare la frattura tra pragmatici, guidati da Di Battista e Di Maio, e l’ala ortodossa, capeggiata da Roberto Fico. Mentre Renzi, secondo l’ambasciatore, si riprenderà il partito con le primarie per poi “concentrarsi sulla ricostruzione, che includerà l’eliminazione dei dissidenti“.

LIBERO.IT

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