Effetto Fed sulle banche. Milano chiude al top da dicembre 2015
- di Cheo Condina
L’apertura debole di Wall Street non frena il rialzo delle Borse europee con Milano, trascinata dalle banche, che chiude in rialzo dello 0,61%, nuovamente sui massimi da fine 2015. L’ipotesi di un rialzo dei tassi Fed entro fine anno – con la banca centrale Usa che in ogni caso da ottobre diminuirà gli acquisti di titoli di Stato – fa salire tutto il comparto finanziario in Europa, che potrebbe beneficiare di un rialzo della remunerazione dei capitali. Così a Piazza Affari volano Ubi Banca (+4,3%), Unicredit (+2% dopo il passaggio a vuoto di ieri per le indiscrezioni sull’interesse per Commerzbank) e Mediobanca (+1,5%). Acquisti anche su Yoox Net-A-Porter Group (+4,1%) e Buzzi Unicem (+2,1%) che continua il rally iniziato ieri sulle scommesse di un riassetto del mercato del cemento. Luxottica, invece, è in coda al listino (-1%) in attesa del verdetto dell’Antitrust sulla fusione con Essilor. In retromarcia anche Tenaris (-1,2%) in attesa dell’Investor Day di domani con gli analisti di Morgan Stanley che vedono rischi sulla guidance alla luce dell’impatto dell’uragano Harvey. Giù anche Atlantia (-0,6%) in attesa della possibile contro-Opa di Acs su Abertis. Sul resto del listino brilla Tiscali (+10%) dopo il primo utile semestrale della storia. Guadagna il petrolio con il Wti a 50,3 dollari al barile (+1,6%). Il dollaro si rafforza dopo la Fed e spinge l’euro sotto quota 1,19 in apertura a 1,1884 (da 1,198) poi risale e chiude a 1,193 mentre il dollaro/yen è a 112,29 (da 111,45). Euro/yen a 134,01 (133,64).
Fed, gli operatori puntano su un nuovo rialzo
La riunione della Fed che ha annunciato la riduzione degli asset in bilancio per 10 miliardi di dollari al mese a partire da ottobre ha alimentato le attese per un rialzo dei tassi entro l’anno. E’ emersa infatti l’ampia attesa di un rialzo nella riunione del 13 dicembre che ha rappresentato il principale motivo di impatto sui mercati, con l’obbligazionario in rialzo e il dollaro in apprezzamento. La numero uno della Fed, Janet Yellen ha sottolineato nel corso della conferenza stampa che le ragioni del trend calante dell’inflazione nel 2017 rappresentano per i membri Fed un autentico mistero. Nell’aggiornamento delle proiezioni Fed, per il 2018 l’attesa di inflazione è stata addirittura rivista al ribasso (da 2% a 1,9%). Da sottolineare inoltre l’abbassamento del livello di equilibrio dei Fed Fund di lungo termine al 2,75%, il livello più basso da quando (2012) i dots vengono pubblicati, come sottolineano gli analisti di Mps Capital Services. La parola ora passa agli innumerevoli interventi di membri Bce da oggi fino a lunedì, tra cui ben tre discorsi di Draghi.
Usa, -23mila a 259mila le richieste di sussidi disoccupazione, meglio di stime
Nei sette giorni conclusi il 16 settembre il numero di lavoratori che per la prima volta ha fatto richiesta per ricevere sussidi di disoccupazione negli Stati Uniti è calato, contrariamente a quanto previsto dagli analisti, che attendevano un aumento a causa degli uragani che hanno colpito il sud del Paese. Secondo quanto riportato dal dipartimento del Lavoro, le richieste iniziali di sussidi di disoccupazione sono scese di 23.000 unità a 259.000, contro le 282.000 della settimana precedente (rivisto al ribasso dalle 284.000 della prima stima). L’indice è migliore delle previsioni, visto che gli analisti attendevano un dato a 310.000 unità. Il valore si attesta in media sotto quota 300.000 da due anni e mezzo, la serie migliore dal 1970. La media delle quattro settimane, più attendibile in quanto non soggetta alle fluttuazioni del mercato, è salita a 268.750 unità. Migliore delle stime anche il dato sull’attività manifatturiera nell’area di Filadelfia. L’indice di riferimento calcolato dalla Federal Reserve dell’area è cresciuto a 23,8 punti, dai 18,9 punti di agosto (invariato rispetto
alla prima stima). Il dato è migliore delle previsioni degli analisti, che prevedevano un calo a 17,1 punti.
Banche sotto i riflettori in Europa
Gli indici europei chiudono tutti positivi nel Vecchio continente (segui qui l’andamento delle Borse) spinti dagli acquisti sugli istituti di credito, che beneficiano delle prospettive annunciate ieri dalla Fed con tassi in rialzo. I bancari guidano i rialzi, seguiti dalle assicurazioni (segui qui l’andamento dei settori in Europa). A Milano il FTSE MIB, spinto dalle banche, è salito sui massimi dal dicembre 2015 chiudendo attorno 22.500 punti. Tra gli istituti di credito, spiccano i rialzi di Ubi Banca e di Unicredit che recupera dopo il calo del 2,24% della vigilia sulle indiscrezioni su un possibile interesse per Commerzbank, premiata a Francoforte. Gli analisti sono scettici sull’ipotesi di fusione, mentre un settimanale tedesco dice che il Governo di Francoforte (azionista con il 15,6%) favorirebbe una fusione con Bnp Paribas. Positiva anche Mediobanca, dopo le anticipazioni di ieri del Sole 24 Ore sul progetto che punta a trasferire in una newco il 13% delle Generali. Debole Mediaset che punta ai Mondiali di calcio 2018 e 2022.
Obbligazionario in rialzo all’indomani della Fed
Tassi in rialzo sull’obbligazionario europeo, con i rendimenti sul decennale tedesco saliti sui massimi da 5 settimane mentre il decennale italiano ha superato brevemente il 2,2%. Chiude a 170 punti lo spread BTp/Bund. Il movimento segue quello dei Treasuries iniziato ieri, saliti col decennale sui massimi da tre settimane. «I tassi – scrivono gli analisti di Mps Capital Services – sono saliti in modo pressoché parallelo fino al comparto decennale». La parte a lunghissimo termine della curva «si è focalizzata sull’’abbassamento del livello di equilibrio dei Fed Fund di lungo termine al 2,75%. Il comparto trentennale è rimasto così pressoché invariato, continuando il trend di appiattimento della curva misurato sugli estremi come ad esempio 5-30 anni». In altri termini, spiegano gli analisti, «gli operatori del mercato obbligazionario appaiono di fondo scettici sull’effettiva capacità strutturale di ripresa dell’economia Usa, segnalando tale dissenso in due modi: tassi a lunghissimo termine molto contenuti ed aspettative di inflazione ancora sotto al fatidico target del 2%, anche su un orizzonte decennale».
(Il Sole 24 Ore Radiocor Plus)