Impossibile votare online. Di Maio incoronato tra i veleni

Rousseau fa flop. Al primo test davvero importante le primarie online per scegliere candidato premier e capo politico del non partito diventato ormai partito a tutti gli effetti il sistema operativo che doveva rappresentare il futuro della democrazia digitale secondo Gian Roberto Casaleggio non regge il peso del popolo grillino, al punto che il voto è stato prorogato di quattro ore, fino alle 23 di ieri sera.

Colpa dell’«alta affluenza che si sta registrando», ammette a metà mattinata il blog di Beppe Grillo. Ma cosa è successo? Andiamo con ordine. Per tutta la giornata chi provava a collegarsi alla piattaforma notava un rallentamento nel browser e infine l’errore di «time out»: in altre parole, la pagina fa fatica a caricarsi, probabilmente a causa delle troppe connessioni contemporanee al server su cui gira Rousseau. Solo dopo qualche tentativo si riusciva ad accedere alla votazione.

Scegliere a chi affidarsi quindi non è stato impossibile, ma quanto meno difficile: per chi non aveva già le idee chiare, infatti, l’operazione richiedeva diversi minuti: per consultare i curriculum degli otto candidati bisognava riaggiornare la pagina più volte.

«Consiglierei qualcosa di più potente alla Casaleggio Associati, che potrei fornire io…», scherza provocatoriamente Vincenzo Cicchetti, imprenditore informatico e candidato alle primarie, «I casi sono due: o la piattaforma è sotto attacco hacker o il server non riesce a sostenere il carico degli accessi».

Gli hacker. Altra spina nel fianco dei Cinque Stelle. Non si sono ancora spente le polemiche per le continue violazioni a Rousseau e blog svelate da due pirati informatici ad agosto. Allora la Casaleggio associati aveva assicurato di aver tappato tutte le falle. Ma sarà davvero così? «Non dipende da noi, ma sicuramente gli attacchi hacker ci saranno», mette le mani avanti Danilo Toninelli.

E nel pomeriggio torna alla carica pure il white hat «evariste.gal0is», l’hacker «buono» che per primo aveva smascherato le magagne di Rousseau. «Visto il trattamento dell’ultima volta non proseguo, ma… ehi, oggi si vota su Rousseau», ha cinguettato, allegando alle sue parole uno screenshot che insinua qualche problema nei database.

Hacker o no, ormai i giochi sono fatti. Ma per sapere chi sarà il successore di Beppe Grillo bisogna aspettare ancora un po’. Niente spoglio, certo. Ma perché rinunciare a quella che nel marketing chiamano hype? L’attesa e il rullo di tamburi si sa donano un’aura di sacralità al tutto. I risultati saranno quindi diffusi solo sabato, «alle 19» assicura il blog del M5s. Poi il vincitore sarà acclamato e celebrato sul palco di «Italia 5 Stelle», la kermesse grillina che si terrà questo fine settimana a Rimini. L’esito è più che scontato, dal momento che l’unico nome noto a livello nazionale è quello di Luigi Di Maio. Che con un po’ di scaramanzia non si sbilancia: «Non lo so, vediamo…» ha detto a chi gli chiedeva quale fosse il suo candidato di riferimento.

Intanto Grillo è tutt’altro che ottimista. «A Palazzo Chigi non ci andremo mai», avrebbe confessato a un amico secondo un anonimo flash di Dagospia, «Il M5S deve essere come il Pci: un grande partito d’opposizione. Il Partito comunista per andare al governo ha dovuto cambiare nome. Noi siamo solo un movimento che deve rompere le scatole agli altri…». Insomma, se così fosse, tutto cambia perché nulla cambi: il non partito del no a tutti i costi si trasforma per restare il bastian contrario in Parlamento.

IL GIORNALE

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