Antonio Socci e il Papa oltre l’eresia: “Vuole abolire il Vaticano e distruggere la Chiesa”
di Antonio Socci
Nessun papa finora aveva osato attribuirsi il nome di san Francesco d’ Assisi, l'”alter Christus”. Bergoglio lo ha fatto.
Ma lui – nel libro intervista appena uscito con Dominique Wolton, “Politique et societé” – come una “excusatio non petita” (perché nessuno glielo aveva chiesto) dice scherzosamente che non è stato un atto di superbia, ma semmai di umiltà, perché avrebbe anche potuto chiamarsi “Gesù II”. Ovviamente sottolinea che sta scherzando (anche Arlecchino si confessò burlando…).
Ma inanella battute sulla presunzione degli argentini («sa qual è l’ affare migliore? Comprare un argentino per il suo valore e rivenderlo per il valore che lui crede di avere»). Aggiunge che un argentino si suicida gettandosi dalla cima del proprio Ego…
Insomma, esibisce molta autoironia sull’ Ego degli argentini, così tanta da far capire che lì dev’ esserci un problema. Magari un problemone, quello che anni fa tentò – inutilmente – di risolvere la psicanalista. Forse il suo è addirittura un modo inconscio per chiedere aiuto. Ma l’ uomo sembra ormai prigioniero di quella macchina da guerra che si chiama Ego-latria nella forma di una papolatria planetaria.
Il connotato di questo pontificato è infatti l’ enormità delle ambizioni. Bergoglio sembra voler “rifondare” la Chiesa e quasi proporsi davvero come un “papa Gesù II”, cosa che però significa in qualche modo scalzare il Fondatore vero, Cristo, il quale – conoscendo i suoi polli – aveva avvertito che le sue parole e i suoi comandi restano per sempre e non cambiano col tempo (Mt 24,35). Gesù arrivò a fulminare il primo papa chiamandolo «Satana» quando Pietro si mise a ragionare «secondo gli uomini e non secondo Dio» (Mc 8, 33). Il rischio c’ è sempre.
Oggi assistiamo alla rifondazione bergogliana che “corregge” Gesù stesso adeguandolo ai tempi e agli uomini. Nell’ Amoris laetitia pretende infatti di essere più misericordioso di Cristo (che era un rigorista, al contrario dei farisei che erano “bergogliani”).
L’ ambizione del papa argentino è stata perfino dichiarata da uno dei suoi più stretti collaboratori, in una intervista al “Corriere della sera” del 10 maggio 2015. Il suo braccio destro mons. Victor Manuel Fernandez disse testualmente: «Bisogna sapere che lui (Bergoglio) punta a riforme irreversibili». Una frase che può avere un’ interpretazione molto rivoluzionaria ed eterodossa per la Chiesa.
Infatti la Chiesa appartiene a Gesù Cristo, non al papa. I papi ne sono solo dei custodi temporanei, non i proprietari: non hanno un potere che si estende nei secoli dei secoli come Gesù Cristo. Per definizione «irreversibile» è solo la Legge di Dio che è nella Sacra Scrittura e nel magistero costante della Chiesa.
I papi sono sottoposti a quella legge, non ne sono padroni. Essi devono essere come gli autisti della macchina che porta la Sposa (la Chiesa appunto) all’ incontro con lo Sposo (Cristo stesso). Se un autista si appropriasse della Sposa cambiandone il destino e i connotati in modo irreversibile, vorrebbe dire che si sostituisce allo Sposo vero. Come se fosse un “Gesù II”.
Ma non è consentito questo all’ autista della Sposa. «Gesù è uno sposo geloso», diceva il card. Biffi. Infatti il mandato che Gesù ha dato a Pietro e a tutti i successori non è affatto quello di “cambiare” la Chiesa (oltretutto in modo «irreversibile»), ma – al contrario – di “custodirla” (custodire il “depositum fidei” confermando nella fede i fratelli). Il papa – per definizione – può essere solo “conservatore”, altrimenti non è più papa. Il suo ministero è custodire integra la fede della Chiesa.
Non farne una donna di strada alla mercé del mondo.
Dunque veniamo ai cambiamenti «irreversibili» del bergoglismo. Il più vistoso è la trasformazione della Chiesa – agli occhi della gente – da realtà soprannaturale che conduce alla salvezza eterna ad agenzia umanitaria che professa una religione tutta sociale e politica incentrata sulle migrazioni di massa come Sommo Bene, sull’ ecologismo catastrofista e sull’ abbraccio acritico con l’ Islam.
La Chiesa bergogliana centrata su questi “diritti umani”, ha notato giorni fa Ernesto Galli della Loggia sul Corriere della sera, «si sovrappone ad altre presenze organizzative, ideali e politiche, che nulla hanno a che fare con la sua tradizione. A cominciare ovviamente dalle grandi agenzie internazionali come l’ Onu o la Fao». Aggiunge Galli che «un’ analoga ampia sovrapposizione esiste poi rispetto a componenti per così dire laico-progressiste proprie dell’ universo ideologico politico dei Paesi occidentali, componenti che anch’ esse nulla hanno a che fare con la tradizione cattolica» e che hanno programmi, in materia di costumi specialmente, «che di certo sono estranei» alla «Chiesa di Roma».
Galli della Loggia prosegue notando che i temi della Chiesa bergogliana si sovrappongono pure a quell’ ideologia umanitaria «che oggi anima la straripante presenza pubblica di alcune ricchissime e influentissime figure di “filantropi mondialisti” – non saprei come altro chiamarli: tipo Soros o Zuckerberg o Bezos – ormai assurdi al rango di veri e propri profeti mediatici: anch’ essi non solo estranei, ma senz’ altro ostili al cristianesimo cattolico».
Una tale trasformazione della Chiesa era auspicata da tempo da tutti i nemici della Chiesa. Come Ludwig Feuerbach, il quale scrisse che per «uccidere il Cristianesimo» non serve ricorrere alla «persecuzione», la quale «semmai lo alimenta e lo rafforza». La sua distruzione può accadere solo in altro modo: «Sarà attraverso l’ irreversibile trasformazione interna al Cristianesimo in umanesimo ateo con l’ aiuto degli stessi cristiani, guidati da un concetto di carità che nulla avrà a che fare con il Vangelo».
Dunque ci siamo. Ma prima occorre finire di abbattere la cattedrale bimillenaria della Chiesa cattolica. Dopo l’ Amoris laetitia – che, stando a cardinali e vescovi cattolici, mina tre sacramenti fondamentali (la confessione, l’ eucaristia e il matrimonio) – un’ altra mazzata è arrivata con il recente “Motu proprio” sulle traduzioni dei libri liturgici, fatto alle spalle del card.
Sarah che è il Prefetto della Congregazione del culto.
Secondo molti si apre il varco per legittimare un attacco finale all’ eucaristia e al sacerdozio. Si rischia di andare a una progressiva fusione con i riti protestanti che sarebbe «l’ abolizione del sacrificio» e la fine della stessa Chiesa Cattolica (d’ altronde fra i bergogliani è ormai diventato normale definire «la Riforma protestante una benedizione per la Chiesa»).
Ma a Santa Marta circolano anche altre idee «rivoluzionarie» (l’ aggettivo che Scalfari applica sempre a Bergoglio). Una delle quali è addirittura l’ abolizione dello stesso Stato Vaticano, che permetterebbe al papa argentino di passare alla storia come colui che ha definitivamente spazzato via con un sol colpo la Curia vaticana e il «potere temporale» della Chiesa (argomento su cui proprio Scalfari sempre ritorna nei suoi colloqui con Bergoglio). È un obiettivo molto difficile.
Ma siccome tutta questa rivoluzione già sta mettendo in subbuglio e sul piede di guerra molta parte del mondo cattolico ed è prevedibile che porti infine a una sollevazione anche del collegio cardinalizio, Bergoglio sta facendo studiare, nelle pieghe del diritto canonico, l’ eccezionalità di situazioni che permetterebbero a lui stesso di nominare il suo successore, esautorando i cardinali e rendendo davvero «irreversibile» la sua rivoluzione. In fondo mons. Fernandez già prefigurava qualcosa del genere nella sua intervista al Corriere: «Gli stessi cardinali possono sparire, nel senso che non sono essenziali. Essenziali sono il Papa e i vescovi». E ancora: «La Curia vaticana non è una struttura essenziale. Il Papa potrebbe pure andare ad abitare fuori Roma, avere un dicastero a Roma e un altro a Bogotà e magari collegarsi per teleconferenza con gli esperti di liturgia che risiedono in Germania». Sarà così la chiesa di papa Gesù II?
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