Corea del Nord, venti di guerra: la sorella del leader «stratega» della propaganda e il vero obiettivo di Kim
MILANO — PECHINO – L’hashtag #dotard corre sul web. È l’ultimo colpo sparato da Kim Jong-un nella guerra di insulti con Donald Trump. Nel discorso di venerdì 22 settembre il Maresciallo di Pyongyang, offeso per essere stato chiamato «Rocket Man» dal presidente americano, ha reagito definendolo tra l’altro un «vecchio lunatico». Kim naturalmente si è espresso in coreano, ma nella versione inglese è uscito quel «dotard». Epiteto da glottologi, perché risale al XIV secolo, usato anche da Shakespeare. Forse a Pyongyang hanno solo un antiquato dizionario inglese-coreano? O hanno scelto con cura un termine capace proprio per la sua arcaicità di farsi notare, moltiplicando l’effetto? La propaganda lavora anche così. E quella della Nord Corea ha dimostrato di essere stata affinata in un’arma di «distrazione di massa». Infatti tutta la stampa anglosassone si è occupata diffusamente di «dotard», amplificando il messaggio ingiurioso e minaccioso di Kim.
Propaganda e agitazione
L’apparato di comunicazione di Pyongyang si chiama ufficialmente Dipartimento Pubblicità e Informazione, ma è più noto come Dipartimento Propaganda e Agitazione. È guidato da Kim Yo-jong, trentenne sorella minore del Maresciallo. Donna di grande potere dietro le quinte che compare raramente in pubblico. È un volto notissimo invece quello di Ri Chun Hee, 74 anni, la presentatrice in vestito tradizionale rosa che dal 1971 scandisce in tv successi e dolori della Repubblica Popolare Democratica di Corea. Anche il discorso del 22 settembre in realtà non è stato pronunciato in prima persona da Kim Jong-un, che si è limitato a farsi fotografare con il foglio in mano, seduto alla scrivania. In tv invece il testo integrale è stato letto con voce stentorea da Ri Chun Hee. La giovane Kim Yo-jong e l’attempata Ri Chun Hee sono le messaggere del progetto di grandezza di Kim III.
Il primo successo
L’offensiva di insulti (peraltro riaccesa da Trump) ha permesso a Kim Jong-un di raggiungere un obiettivo tattico: rivolgersi direttamente al presidente americano mettendo ai margini Giappone e Sud Corea, che pure sono i due Paesi più minacciati dai suoi missili. Trump si sente in dovere di replicare a ogni mossa dell’avversario con esternazioni su Twitter, dando modo a Pyongyang di dialogare a suo modo.
Le immagini di missili e bomba
Il Dipartimento Propaganda e Agitazione è il quartier generale che seleziona e diffonde le immagini dei test missilistici nordcoreani. E a partire dall’anno scorso ha cominciato a pubblicare foto e filmati sempre più dettagliati. Come quelli con Kim che ispeziona una sfera metallica e poi un involucro a forma di clessidra che sarebbero i contenitori dell’atomica miniaturizzata, pronta a essere montata sulla testata di un missile. Ripreso dalle telecamere e mostrato al mondo anche il test del missile balistico Hwasong-12 che il 15 settembre ha sorvolato il Giappone: si è così visto l’impiego di un lanciatore mobile Tel (Transporter erector launcher). Il grosso camion Tel era intatto dopo la prova a fuoco e la capacità nordcoreana di muovere in continuazione i propri missili è considerata una delle minacce più gravi, perché riduce di molto la possibilità di neutralizzazione da parte degli americani. In conclusione: Kim vuole avere un missile nucleare operativo e vuole provarlo al mondo. La propaganda lo aiuta a far passare il messaggio: «Vogliamo stabilire l’equilibrio della forza reale, quella nucleare, perché gli americani non osino più pensare di opzione militare».
La sorella di Kim
Kim Yo-jong è la maestra di cerimonie del regime ma anche la mano che dirige la propaganda. Dal luglio 2015 avrebbe assunto la guida di fatto del Dipartimento Propaganda e Agitazione, prendendo il posto dell’anziano Kim Ki-nam, il gerarca che con pazienza le aveva insegnato il mestiere. E gli osservatori della realtà nordcoreana sono concordi nell’indicarla come la regista occulta di molte iniziative per celebrare il fratello e alimentarne il culto della personalità. Con un tocco, però, dinamico rispetto ai predecessori. Dicono ancora che sia stata lei a proporre Kim quale «uomo del popolo», da qui le ripetute visite a fabbriche, impianti, palazzi, scuole e asili. Ed è ancora sua l’idea di «aprire» — si fa per dire — il Paese a visitatori stranieri, dando maggiore impulso a contatti e al turismo.
Il collegio in Svizzera
Per molto tempo si è saputo poco di questa giovane minuta, nata il 26 settembre dell’87. Rivelazioni di transfughi — dunque da prendere con cautela — e indiscrezioni raccolte dagli specialisti (in particolare Michael Madden) hanno aiutato a disegnarne il profilo. La ragazza ha frequentato per alcuni anni la stessa scuola di Berna, in Svizzera, dove avevano mandato il fratello. E dunque i due hanno vissuto a stretto contatto, cresciuti da una coppia di zii e sorvegliati da un plotone di agenti. Testimonianze sostengono che Kim Yo-jong fosse sempre seguita da alcune donne che l’accompagnavano negli spostamenti tra la residenza e l’istituto. Così premurose e apprensive che una volta, per un semplice raffreddore, avrebbero ritirato Kim Yo-jong da scuola portandola in ospedale. Poi, nel 2000, sarebbe tornata in patria, anche se non si esclude che possa aver studiato in qualche università all’estero. Il legame con l’attuale leader sarebbe cresciuto progressivamente, rafforzato anche dalle esperienze personali, compresa la morte dei genitori e la necessità di assumere la direzione del Paese.
La prima apparizione pubblica
Attorno al 2007 la giovane entra nel partito e due anni più tardi — se sono giuste le annotazioni degli esperti — appare in pubblico per la prima volta al fianco di Kim all’interno dell’ateneo per l’agricoltura a Wonsan. Una presenza che indica la sua rilevanza e precede la sua promozione del 2013 a responsabile della segreteria del presidente. Infine la carica più importante, quella di «direttrice» dell’orchestra propagandistica, anche se il titolo è formalmente di vice. Posizione importante visto che il Tesoro statunitense e il Consiglio di Sicurezza Onu hanno colpito con sanzioni l’apparato comandato dalla ragazza in quanto ritengono rappresenti uno snodo cruciale. Poche settimane fa fonti americane avevano ipotizzato che la punizione varata dalle Nazioni Unite dopo il test nucleare avrebbe riguardato anche lei, invece l’hanno risparmiata.
Gli spostamenti di Kim
Kim Yo-jong attraverso il suo ufficio detta la linea ai media, decide quali immagini diffondere, coordina il «fuoco» dei commentatori, pronti ad appoggiare le mosse di Pyongyang, ma soprattutto del fratello. Gli analisti, che a volte basano i loro giudizi su dettagli colti in un’immagine — e dunque non costituiscono sempre una prova — hanno notato come la giovane sia stata vista dare ordini e fare cenni alle guardie del corpo del leader in diverse occasioni. Nel 2016 avrebbe consigliato maggior prudenza nelle uscite pubbliche del fratello per il timore che le condizioni di sicurezza non fossero a prova di attacco.
Rapidità di reazione
Tra i suoi meriti quello di aver reso più agile il sistema di comunicazione. Una volta trascorrevano giorni prima che fosse pubblicata una reazione del governo o dello stesso capo, adesso la risposta non si fa attendere troppo. Squadre di funzionari setacciano ogni singolo articolo della stampa Usa, soppesano le parole dei dirigenti, provano a capire cosa pensino realmente i cittadini americani. Altri hanno il compito di temere vivo il fuoco rivoluzionario, con poesie, slogan, racconti, poster, francobolli celebrativi. Un lavoro in parallelo alla campagna di mobilitazione in un Paese dove tutto è stato pensato per un «doppio uso»: civile e militare. Si ritengono sempre in stato di guerra.
La fine dello zio
Sempre gli osservatori affermano che avrebbe introdotto maggiore trasparenza — sempre relativa — nel trattare certi argomenti, anche cruciali e non positivi. A questo proposito citano lo spazio dato all’arresto pubblico dello zio Jang Song Thaek, accusato dei peggiori crimini ma in realtà sospettato di aver tramato insieme ai cinesi. Stessa cosa per il fallimento di un lancio missilistico. Ammissioni di fatti sgraditi ampiamente bilanciate dai toni trionfalistici apparsi sul quotidiano «Rodong Sinmun», dagli epiteti riservati ai nemici — Trump in testa —, alle coreografie di massa, come la grande adunata di sabato 23 settembre con decine di migliaia di persone in piazza per dimostrare compattezza e solidarietà a Kim Jong-un.
I titoli dei giornali di Pyongyang
Qui a seguire un piccolo assaggio dei titoli dei commenti usciti sul giornale del Partito, sicuramente approvati se non dettati dal Dipartimento Propaganda:
1. TENTATIVI DISPERATI DI QUELLI COLPITI DAI FULMINI DELLA GIUSTIZIA
2. GLI STATI UNITI ASSISTERANNO A UN ATTACCO NUCLEARE E ALLA ROVINA FINALE
3. IL DESTINO DEL COLONNELLO SERVO È MISERABILE
4. L’AGGRESSIONE DEL GIAPPONE SUI MARI ESTERI PROCEDE
5. IL DESTINO DEGLI USA NELLE MANI DELLA COREA
6. ATTI TEMERARI DI CHI È’ OSSESSIONATO DA PROVOCAZIONI DI GUERRA
7. IL VERO VOLTO DEGLI USA COME MANIACI DELLA GUERRA NUCLEARE
8. BISOGNA PORRE FINE ALLA PRESENZA MILITARE AMERICANA IN SUD COREA
9. ATTI STUPIDI DI CHI È COLPITO DALL’ORRORE
10. ATTI STUPIDI DEI TRADITORI FILOAMERICANI
11. ATTI INSENSATI DEI TIRAPIEDI COLONIALI
12. I MUSCOLI DEL POTERE MILITARE GARANTISCONO LA DIGNITA’ E SOVRANITA’ DELLA NAZIONE
13. LA PRESENZA MILITARE DEGLI USA IN SUD COREA È LA RADICE CHE CAUSA LA SUA SFORTUNA
14. LA VITTORIA È UNA TRADIZIONE DELLA DPRK
15. LA DPRK È UNO STATO CON UN INVINCIBILE ARSENALE NUCLEARE
16. RIDICOLO BLUFF DI MARIONETTE TERRORIZZATE DAI FULMINI A CIEL SERENO
Il treno che non arriva
Non tutte le mosse della Propaganda sono proprio geniali. Alcune sono goffe e ingenue. Al «Corriere» per esempio, durante una visita organizzata dal governo e sotto continuo controllo, è capitato di visitare la metropolitana di Pyongyang. Stazione della metropolitana Bu Hung (Prosperosa), una delle meraviglie di Pyongyang, scavata 100 metri sotto il livello del suolo per servire anche da rifugio nucleare. Contiamo il tempo di discesa della scala mobile: 2 minuti e 15 secondi. Lo stile della stazione-bunker è da socialismo sovietico, grandioso. Soffitto altissimo a volta, colonne con capitelli a torcia, lampadari policromi. I treni sono frequenti. Si vorrebbe salire, magari per fare un giro complessivo della rete metropolitana, due linee a X. Ma il gentile funzionario governativo dice che non si può. Perché, è vietato? «No, non si può». Passano diversi minuti e molti vecchi convogli, stiamo per andar via quando l’ombra dice: «Ora saliamo». È comparso un treno con quattro vagoni nuovi fiammanti, bianchi con striscia rossa. Era quello che aspettavamo allora, un convoglio all’altezza della grande leadership del Rispettato Maresciallo Kim Jong-un (questo è il modo comune di nominare il terzo discendente della dinastia). La propaganda non voleva che prendessimo un vagone residuato della defunta Germania orientale.
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