Vittorio Feltri risponde a Selvaggia Lucarelli: “Per te sono un nonno rincoglionito, tu non dici mai niente, ma lo fai bene”
di Vittorio Feltri
Cara Bruna Magi, l’ età non è mai un problema, indica uno stato di fatto. L’ unico modo per vivere a lungo è invecchiare. E io non ho paura di diventare vecchio perché lo sono già e mi trovo bene. Ogni giorno do una occhiata al giornale della mia città di origine, l’ Eco di Bergamo, e leggo la pagina delle necrologie. Quasi sempre vi scopro l’ annuncio mortuario di qualche persona conosciuta, un amico, un compagno di scuola, un collega. Oddio, penso, se ne è andato anche questo. Mi addoloro e mi consolo, dato che io sono ancora qua a rompere i coglioni e a offrire a Crozza l’ opportunità di prendermi per il culo. Evviva.
È una gioia sopravvivere ai nostri coetanei. Mia madre, Adele, quando si celebrò il funerale di un suo genero anzianotto, ma meno di lei, mentre si tumulava il feretro, mi sussurrò, soddisfatta e sorridente, ad un orecchio: sono contenta che sia spirato prima di me, io non ho fretta. Risi pure io. A cerimonia conclusa, la portai in un bar a sua richiesta: bevemmo un bicchiere di champagne, e lei alzò il calice esclamando: alla salute, tua e soprattutto mia. Era una canaglia simpatica. Temo di assomigliarle. E spero di tirare le cuoia a 90 anni, quanti ella ne aveva allorché, stanca, chiuse gli occhi non senza avermi raccomandato: obbliga quel fesso di un medico a farmi una iniezione definitiva, così mi tolgo dalle palle in fretta, evitandomi sofferenze.
Non capisco il motivo per cui la morte sia un tabù per noi mortali. Che razza di mortali siamo se ignoriamo ingenuamente che nel nostro futuro, più o meno prossimo, c’ è una tomba? Non mento sulla mia età. Perché dovrei farlo?
Perché dovrei tacere degli anni che mi separano dall’ attimo nel quale vidi la luce? Se la gente di cui mi circondo apprende che ho 74 anni non mi importa nulla; di cosa vergognarmi? Un tempo gli anziani erano venerati, oggi invece sono schifati. Pazienza. Se i costumi, la mentalità e l’ educazione peggiorano non è colpa mia. Non mi tingo i capelli e non mi rivolgo al chirurgo plastico per ingannare il prossimo circa la mia data di nascita. Sono orgoglioso di esibire le rughe, sono medaglie al valore esistenziale. Il mito giovanilista non mi affascina, semmai mi deprime. Nonostante abbia accumulato tante primavere sono ancora qua a lavorare da mattina a sera, come mezzo secolo fa. Di che mi potrei lagnare? Parecchi giovanotti ambiscono a fregarmi il posto? Giusto. Me lo portino via, se sono capaci e vispi quanto me. Io non glielo regalo.
Selvaggia Lucarelli, formidabile scrittrice che si distingue per non dire niente di intelligente, ma per dirlo bene, in un articolo sul Fatto ha precisato che sono un nonno rincoglionito, di quelli che raccontano battaglie mai combattute, e mi ha divertito verificare che la banalità e la stupidità prescindono dai dati anagrafici.
Al tempo stesso ho avuto la conferma che per offendere un anziano basta rammentargli di esserlo. Una tecnica miserabile. C’ è chi si rifà la reputazione e chi si rifà le tette. La Lucarelli non è in grado di rifarsi la prima perché non l’ ha mai avuta, le tette se le è già rifatte con risultati mediocri.
Sul suo cervello non mi esprimo, non l’ ho scovato.
LIBERO.IT