Il colpevole silenzio dell’Europa
Si apre, per la Spagna, la crisi più grave dalla fine della dittatura franchista nel 1975. Quello di ieri, in Catalogna, è stato un disastro politico annunciato – ed evitabile – nell’assordante silenzio dell’Europa. L’indomani è il giorno dell’incertezza. Carlos Puigdemont può dichiarare l’indipendenza della «Repubblica catalana» nel giro di 48 ore.
Il 1° ottobre del 2017 è la data che scava un abisso fra Madrid e Barcellona. Non per il voto catalano pro-indipendenza, troppo imperfetto per far testo, ma per il tentativo spagnolo d’impedire ai cittadini, con la forza, di esprimere la propria opinione. Per di più è stato un mezzo fallimento. La maggior parte dei seggi, o comunque molti, sono stati aperti e funzionanti. In compenso Madrid ha pagato un costo altissimo nelle immagini della polizia contro una folla che di violento non aveva nulla. Non erano i «No Global» di Genova. Non volevano sovvertire il sistema. Volevano andare a votare. E sfidavano la polizia, manganelli e pallottole di gomma comprese.
Quali che fossero le ragioni costituzionali di Madrid, sono naufragate nelle strade e nelle piazze catalane. La Spagna può ancora evitare il precipizio ma solo se entrambe le parti saranno capaci di fare un passo indietro e tornare a far politica. Sembra difficile dopo il confronto di ieri. Gli animi sono riscaldati. Rajoy pretende che l’episodio sia chiuso con un nulla di fatto; se lo pensa veramente non ha capito quanto è successo. Tocca ora anche all’Ue e ai leader europei far capire a Madrid come agli indipendentisti catalani che il muro contro muro conduce a una catastrofe politica. Il silenzio di Bruxelles, forse benintenzionato, diventa indifferenza callosa.
Con una scelta legalistica e impolitica, il premier spagnolo ha regalato agli indipendentisti catalani un successo a tavolino che avrebbe potuto vincere o pareggiare sul campo. Aveva dalla sua la maggioranza silenziosa dei catalani che non chiedeva la secessione, più la Costituzione che gli permetteva di ignorare il risultato del referendum come esercizio extra legem. Facendone una prova di forza ha costretto i catalani, anche la palude degli indecisi, a schierarsi. I cittadini pacifici che ieri sfidavano la polizia si ribellavano all’idea di non poter pronunciarsi sul proprio futuro. In democrazia non c’è legge che possa spiegarlo, non c’è Costituzione che tenga.
Non chiamiamolo referendum. La consultazione si è svolta in circostanze quantomeno anomale, con urne aleatorie e conteggi altamente problematici. Si può solo osservare che malgrado gli ostacoli frapposti dalla polizia l’affluenza è stata elevata e che, del tutto prevedibilmente, il voto è stato massicciamente a favore dell’indipendenza. Chi è contro non è certo andato alle urne. Puigdemont ringrazia Rajoy: il risultato sarebbe stato diverso se Madrid avesse chiuso un occhio. Chiamiamola svolta politica che mette le ali al nazionalismo catalano: per Madrid molto peggio di un referendum.
L’indipendenza di chi non ce l’ha non riscuote molte simpatie nella comunità internazionale. Chiedere al 98% dei curdi che l’hanno votata. L’Onu è ancorata agli Stati esistenti, beati possidenti di sovranità nazionale e tutt’altro che disposti a creare precedenti che la minaccino o la frazionino. Salvo poi arrendersi all’evidenza quando il coperchio salta come in Urss e nell’ex Jugoslavia.
Dall’Ue ci sarebbe però da aspettarsi di meglio; per rispetto di democrazia sostanziale e per lungimiranza strategica. A Tallinn i leader europei non hanno parlato di Catalogna per non offendere l’assente Rajoy; non hanno parlato di Brexit, dopo l’importante discorso di Theresa May a Firenze, per non invadere il campo della Commissione. Danno l’impressione di evadere i veri problemi sul tappeto fino a che non diventino crisi di cui siano costretti ad occuparsi.
Le pressioni secessioniste e indipendentistiche, non solo politiche, sono reali; ma non hanno nulla d’irresistibile: sono gestibili e contenibili, se affrontate con la politica – Scozia e Quebec docent. Se l’Ue non lo farà il camion del rilancio e dell’integrazione ripartirà con un carico di cocci anziché di vasi.
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