Renzi sul G7: grillini complici della ghigliottina in piazza. Di Maio: siamo non violenti
Fino ad oggi Torino era rimasta fuori dallo scontro politico nazionale tra Pd e M5S. Subito dopo la tragedia di piazza San Carlo l’ex sindaco, Piero Fassino e con lui tutto il Pd, non avevano chiesto le dimissioni di Chiara Appendino e nelle polemiche politiche tra i dem e la sindaca non erano mai intervenuti i leader nazionali del Pd. L’altro giorno, ad esempio, dando le pagelle sul G7, Sergio Chiamparino aveva sparato ad alzo zero contro i M5S salvando in qualche modo Appendino. Ieri, però, le cose sono cambiate e Matteo Renzi ha deciso di sferrare l’attacco con l’obiettivo di mandare in frantumi il «modello Appendino» e dimostrare, dal suo punto di vista, l’incapacità di governo del M5S. Prima di lui sul fronte opposto ci aveva già pensato Matteo Salvini, che persegue lo stesso obiettivo.
Tutto ruota sulla Reggia di Venaria che per sei giorni ha ospitato il G7 dopo l’addio a Torino su esplicita richiesta della sindaca. E sabato a Venaria le proteste anti G7 sono finite così come erano iniziate con una ghigliottina che ha tagliato le teste dei pupazzi dell’ex premier e del ministro del Lavoro, Giuliano Poletti. L’assedio alla Reggia da parte degli anti-G7 si è concluso con 7 feriti tra le forze dell’ordine e 2 arresti. Renzi, così, affida ad un post su Facebook i suoi attacchi alla maggioranza pentastellata: «Ci sono squallidi amministratori comunali che non hanno avuto la forza – o la voglia – di spendere una parola per prendere le distanze da certe formazioni anarchiche o presunte tali, da centri sociali, da persone abituate a vivere di violenza quantomeno verbale». Poi arriva l’affondo finale: «Ci avevano chiesto di portare il G7 a Torino e poi hanno fatto fare una figuraccia all’anima profonda e solidale di questa città, prima capitale d’Italia. Peccato».
In casa Cinquestelle scatta il campanello d’allarme. Anche perché Renzi ha messo nel mirino la consigliera regionale Francesca Frediani che, via Twitter, ha chiesto la liberazione di Andrea Bonadonna, uno dei leader del centro sociale Askatasuna, arrestato dopo i disordini di Venaria. L’ex leader si scaglia anche con consiglieri comunali (Rosso, Montalbano, Gosetto e Carretto) che hanno partecipato al corteo pacifico fino a Venaria: «Troppo facile prendere le distanze a parole e poi però sfilare con i violenti nei cortei». Ma, soprattutto il Pd, punta il vicesindaco, Guido Montanari, l’amministratore più legato alle battaglie No Tav. Renzi va giù pesante: «Mi fa effetto vedere amministratori comunali pagati da tutti i cittadini che anziché schierarsi con le forze dell’ordine rilanciano le immagini dei tempi della ghigliottina».
Montanari risponde così: «E’ «una provocazione accostare il dissenso di amministratori e consiglieri comunali a delinquenti che hanno bruciato cassonetti e attaccato le forze dell’ordine». La sindaca, intervistata dal Tg3 Piemonte, spiega che la città ha superato l’esame perché, grazie alla solidarietà delle forze dell’ordine, è stata garantita la sicurezza delle delegazioni internazionali e dei torinesi. Ma i vertici grillini, percepiti i rischi dell’affondo di Renzi, avevano già deciso di far scendere in campo Luigi Di Maio. Il vicepresidente della Camera spiega: «La sindaca, in seguito agli scontri, ha espresso sostegno alle forze dell’ordine per gli attacchi subiti. Io sto con lei, con la città e con l’amministrazione che si è messa a disposizione per il G7». Poi precisa: «Le violenze non fanno parte del dna del M5S», e accusa Renzi di «sfruttare cinicamente questi episodi di violenza per una sterile polemica politica» per attaccare «l’amministrazione di Torino»
Di Maio, dopo aver definito «macabra provocazione non giustificabile» il taglio delle teste dei fantocci respinge al mittente l’accostamento fatto da Renzi tra esponenti del M5S e violenza politica: «Le nostre battaglie le abbiamo sempre fatte in Parlamento e in nessuna nostra manifestazione di piazza (e sono tante) è mai avvenuto alcuno scontro nonostante le migliaia di persone partecipanti».
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