Salvini: a Barcellona le urne una forzatura Nessuno ha nostalgia della Padania

alberto mattioli
MILANO

Matteo Salvini, che differenza c’è fra il referendum della Catalogna e quello prossimo venturo, il 22, di Lombardia e Veneto?

«Totale. Il voto catalano è stato una forzatura. Quello lombardo e veneto è previsto dalla Costituzione. Si chiede semplicemente di applicare un articolo della Carta, il 116, che prevede che si possano affidare in toto alle Regioni venti competenze, e altre tre in maniera parziale».

 

Tipo?

«Tipo la scuola, così avremmo una buona volta dei concorsi per insegnanti su base regionale. E, per dire, nella classe di mio figlio non si sarebbe ancora una cattedra scoperta come succede attualmente».

 

Però il referendum è solo consultivo. Se anche doveste vincerlo, potrebbe non cambiare nulla.

«Anche il voto sulla Brexit era consultivo, però ha fatto la storia. Se vinceremo, il segnale politico sarà fortissimo. Vuol dire che dal giorno dopo Maroni e Zaia avranno il mandato di trattare con Roma. E non a nome degli elettori leghisti, ma di tutti i lombardi e i veneti».

 

Bene: mettiamo allora che Roma, com’è molto probabile, di trattare non abbia alcuna intenzione. Che fareste?

«Io non mi illudo certo che dal 23 ottobre cambi tutto. Il governo, che già conta poco, a quella data conterà ancor meno, anche perché sarà alle prese con la legge di bilancio. Non sarà Gentiloni a trattare. Sarà chi verrà dopo di lui, a febbraio-marzo. E non potrà ignorare il voto popolare».

 

Sembra molto ottimista.

«In Veneto è richiesto il quorum del 50% più uno dei votanti, in Lombardia no. A tutti ripeto: andate a votare. Anche perché, a differenza di quel che è successo a Barcellona, la polizia aiuterà la gente a entrare nei seggi, non la prenderà a manganellate».

 

L’effetto Catalogna non rischia di rilanciare dentro la Lega la vecchia anima separatista?

«Io giro molto, in tutta Italia e in tutto il Nord. E mi sembra che sia chiaro a tutti che l’assetto migliore per il Paese sia quello federale. Insomma, non ci sono nostalgie per la Padania. Portiamo a casa questi referendum, intanto. È una partita importante anche dal punto di vista economico. Il residuo fiscale della Catalogna è di otto miliardi. Otto miliardi che manda a Madrid più di quelli che le tornano indietro. E sa qual è quello di Lombardia e Veneto?»

 

Scommetto che vuol dirmelo lei.

«Settanta miliardi: settanta. Occupiamoci di obiettivi concreti e possibili. E il modo migliore di arrivarci è per via pacifica e democratica».

 

In Catalogna come finirà?

«Che si troverà un accordo. O almeno lo spero, anche se al solito la Ue non conta nulla e non fa nulla. Potrebbero chiedere una mediazione a Putin. In Catalogna ci sono state due forzature. E certo, il comportamento del governo spagnolo è stato indegno. Le bastonate e i proiettili di gomma sulla gente inerme che voleva solo votare mi hanno disgustato. A Madrid sono o pazzi o sbronzi».

 

Insomma, lei tifa per i catalani.

«Io tifo perché la gente possa scegliere. Anche in Lombardia e in Veneto».

LA STAMPA

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