Ilva, gli esuberi sono 4 mila. Gli altri riassunti col Jobs Act

paolo baroni
ROMA

La «nuova Ilva» mette nero su bianco di voler assumere solamente 10mila dipendenti su 14mila e coi sindacati è subito scontro frontale. Anche perché col passaggio di consegne verrebbero messe a rischio le tutele dell’articolo 18, scatti di anzianità e integrativi aziendali. Immediatamente le Rsu hanno proclamato una raffica di scioperi (24 ore a Taranto, 8 a Genova e Novi Ligure) in coincidenza con l’incontro fissato per lunedì a Roma al ministero dello Sviluppo. «Proposte inaccettabili», pura «macelleria sociale» sostengono.

 Tutto nasce dalla lettera inviata ieri ai sindacati, ai ministeri del Lavoro e al Mise da «Am Investco» (la cordata Arcelor Mittal-gruppo Marcegaglia) e dai tre commissari straordinari dell’Ilva. In vista dell’avvio del confronto coi sindacati è stato infatti chiarito che verranno riassunti 9.885 dipendenti su 14.200: in particolare a Taranto saranno 7.600 anziché 11mila, 900 (su 1500) a Genova, 700 a Novi, 345 a Marghera, 160 a Milano e 125 a Racconigi. Circa 4mila esuberi resteranno invece in carico all’Amministrazione straordinaria e verranno impiegati nelle operazioni di bonifica e risanamento ambientale.

 

I numeri sono più o meno quelli già comunicati da Am Investco al momento di presentare la propria offerta. Ma a spiazzare i sindacati sono soprattutto la proposta di applicare ex novo i soli contratti nazionali, senza più le tutele dell’articolo 18, l’azzeramento delle anzianità di servizio e degli integrativi aziendali, che produrrebbero un forte taglio dei salari. Sull’altro piatto della bilancia Arcelor mette a sua volta 2,4 miliardi di investimenti (1,13 per i piani ambientali e 1,25 per il piano industriale), l’impegno ad implementare il piano ambientale come proposto dal Governo e l’aumento della produzione di acciaio a 6 milioni di tonnellate/anno entro il 2018 e quindi a 8 dopo il 2023 a piano ambientale completato.

 

 

«Se queste sono le condizioni di partenza, il piede è quello sbagliato» commenta il segretario generale della Fim Cisl Marco Bentivogli che lamenta «presupposti ancora più arretrati rispetto a quanto concordato tra l’acquirente e la gestione commissariale. Se tale approccio sarà confermato nell’incontro di lunedì è chiaro che il ricorso alla mobilitazione generale diventerà inevitabile». Ancor più dura la Fiom, che col segretario generale Francesca Re David annuncia che «allo stato attuale non ci sono le condizioni per aprire un negoziato». Arcelor Mittal «è arrogante inaffidabile» e «l’unica risposta possibile a tale provocazione è una forte azione conflittuale». «Condizioni inaccettabili» anche per il segretario generale della Uilm, Rocco Palombella, per il quale così «l’accordo sindacale è impossibile».

A Genova, dove l’annuncio di Arcelor è stato subito respinto dal Pd, da Comune e Regione, Bruno Mangaro della Fiom annuncia che lunedì non sarà a Roma e definisce «vergognosa» la lettera di Arcelor ricordando che «l’accordo di programma garantisce che Genova livelli occupazionali e salari non si possono toccare».

LA STAMPA

 

A sera arriva il commento del viceministro dello Sviluppo Teresa Bellanova che tenta di gettare acqua sul fuoco: ricorda come nuovi organici e condizioni contrattuali sono quelle note, ma anche queste sono solo «la base di partenza della trattativa». E comunque «al termine del confronto nessun lavoratore rimarrà senza tutele».

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