Berlusconi: “Non scarichiamo su Visco tutte le colpe dei banchieri”
“Ogni paragone con la Catalogna è del tutto improprio. Questi referendum non soltanto si svolgono nel quadro di una piena legalità questo è scontato, ma hanno come scopo la crescita di tutto il Paese”.
Silvio Belrusconi in campo per il referendum per le autonomie di Lombardia e Veneto. Il Cavaliere in un’intervista a La Stampa ribadisce quanto sia importante questo voto: “Se le regioni più efficienti camminano più velocemente, ne guadagna l’intera collettività, al Sud come al Nord. Non è una perdita di tempo che i cittadini siano chiamati a far sentire la loro voce su questo”. Poi il leader di Forza Italia torna sul caso Bankitalia: “Sono stato io ad indicare il nome di Ignazio Visco al Capo dello Stato come governatore, negli ultimi mesi del mio governo, non certo per vicinanza politica, ma perché mi sembrava la figura più adatta. Da quel giorno, non l’ho mai incontrato, e neppure sentito al telefono, a dimostrazione di come per noi l’autonomia di Bankitalia dalla politica sia una cosa seria”.
E ancora: “Quella di Bankitalia è una questione molto complessa, che di solito viene affrontata in termini sbagliati – prosegue – Non si possono condannare le banche per aver fatto le banche, e cioè per aver concesso dei prestiti che il persistere della crisi ha talvolta impedito a privati e aziende di restituire. Da liberale sono per la responsabilità personale, di banchieri o dei manager che hanno agito in malafede, o di controllori che non hanno controllato. Ma sono contrario a una condanna complessiva del sistema bancario, come sono contrario a scaricare sulla Banca d’Italia nel suo complesso, e quindi sul suo governatore, responsabilità che appartengono a singoli. La mossa del leader del Pd mi pare improvvida e sa di ritorsione o di occupazione del potere”. Infine il Cavaliere parla anche della legge elettorale: “Le coalizioni si possono rompere dopo il voto con qualunque sistema elettorale, se sono fondate su convenienze tattiche e non su principi condivisi. La nostra non si rompe da quasi vent’anni, mi sembra un buon indizio di solidità. Quanto alle preferenze, i meno giovani lo ricorderanno: la prima repubblica è morta di preferenze, di campagne elettorali costosissime, di guerre correntizie, di corruzione diffusa per finanziare tutto questo”.
IL GIORNALE