Un voto che migliora il Paese
È finita nell’unico modo possibile, cioè con il commissariamento da parte del governo centrale.
Così la Catalogna non solo non avrà la secessione, ma perde momentaneamente anche la larga autonomia di cui godeva. In questi ultimi anni si è discusso a lungo sul senso e sulla possibilità reale che uno Stato membro esca dall’Unione europea e si è giunti alla quasi unanime conclusione che no, la cosa non sta in piedi. Solo la Gran Bretagna ci ha provato, ma a distanza di oltre un anno è ancora impantanata, mezza dentro e mezza fuori, con qualche parametro migliorato ma molti altri peggiorati. E parliamo di uno dei Paesi più robusti dell’Europa e del mondo, che per questo aveva già ottenuto una serie di concessioni (a partire dal mantenere la propria moneta) e deroghe agli stretti paletti comunitari.
Se non ce la fa un gigante a navigare solo, può farcela la Catalogna, regione forte, ma pur sempre un fazzoletto di terra? Il cuore può dire quello che vuole – e quello dei catalani batte forte -, ma la testa non può che dire di no. Abbiamo vissuto secoli di guerre tra re, principi e duchi di staterelli, i più dei quali senza senso. Negli ultimi due i nostri avi hanno versato il loro sangue per unificare e ora, secondo alcuni, dovremmo ricominciare tutto daccapo per rigurgiti di storie e ambizioni ormai senza senso? Non penso, e non spero.
Altra cosa è invece battersi per una maggiore autonomia, sia economica che identitaria, e contestare ai governi centrali (nazionali ed europeo) l’eccessiva invadenza di una burocrazia tanto asfissiante quanto arrogante, che genera solo inefficienza e spesso ingiustizia. E proprio in questo senso vanno i referendum che oggi si tengono in Lombardia e in Veneto, due regioni che l’Italia l’hanno fatta e mai disfatta. È possibile conciliare maggiore autonomia (soprattutto fiscale) con l’unità e la solidarietà nazionale? La risposta è certamente sì, e chi dice il contrario è sicuramente in malafede. Anzi, autonomia e unità crescono di pari passo perché i nemici da battere sono l’impossibilità di crescere e l’assistenzialismo.
Per questo, da lombardo, oggi andrò a votare e voterò «sì» senza alcun timore. Spero saremo in tanti a certificare che si può contestare uno Stato sventolando la sua bandiera, altro che secessione alla catalana.
IL GIORNALE