Con Brexit affrontiamo una sfida inedita: servono risposte credibili e sostenibili
Un «Club» di appassionati, ricercatori, giornalisti per tenere vicini il Regno Unito incamminato sull’irta via della Brexit e l’Italia (e con essa l’Europa). È questa l’idea che sorregge l’omonima rivista trimestrale in doppia lingua, esclusivamente cartacea e distribuita solo in abbonamento (www.ilclubmagazine.com), il cui primo numero sarà presentato questo pomeriggio alle 17,30 a Roma presso Villa Wolkonsky, residenza dell’ambasciatore britannico in Italia, Jill Morris. Diretta da Francesco De Leo, le prime copie della la rivista hanno già fatto capolino fra gli stand della Convention dei conservatori a Manchester a inizio ottobre. Lì è stata presentata alla premier britannica Theresa May e ad altri esponenti di spicco del governo di Sua Maestà. Nel primo numero ci sono oltre a un’intervista a Jill Morris, un’analisi sulle difficoltà, le confessioni di Gianluca Vialli sulla sua vita ed esperienza in terra britannica oltre a un’analisi di Marco Piantini Consigliere per gli Affari Europei del Presidente del Consiglio dei Ministri sulla Brexit di cui anticipiamo un estratto.
Con Brexit affrontiamo una sfida inedita. È una sfida piena di punti di domanda. Alla fine, solo se nessuno perderà potremo vincere qualcosa tutti. Ci riusciremo se insieme cercheremo con coerenza e determinazione risposte credibili e sostenibili.
Non nascondiamo però un fatto: la scelta della Gran Bretagna di avviare la procedura di uscita dall’Unione Europea ha creato in tanti di noi un forte rammarico, seppur nel massimo rispetto di una decisione sovrana di un paese amico. Dobbiamo ora metter da parte questi sentimenti e affrontare tale sfida con forte senso di responsabilità, non dimenticando la lezione di John Stuart Mill: chi non conosce le ragioni degli altri, non conosce a sufficienza le proprie. Soprattutto, dobbiamo provare con il massimo impegno a cogliere ogni occasione per far sì che sia consolidata la cooperazione con il Regno Unito specialmente in ambito di sicurezza, economia e cultura. E lavorare con altrettanto impegno per il successo dei negoziati a livello europeo sulla procedura di recesso, su eventuali accordi transitori e sulle future relazioni. Occorre farlo nella consapevolezza che il negoziato di recesso avrà effetti sull’Unione europea (li ha già per il lavoro preparatorio che le nostre amministrazioni stanno svolgendo), e che la Ue dovrà comunque consolidare sensibilmente la propria coesione interna e rafforzare ulteriormente la propria postura internazionale nella gestione delle principali crisi ai nostri confini (migrazioni, crisi russo-ucraina, Siria ecc).
Dobbiamo essere convinti poi che non esistono vasi comunicanti nell’economia europea. Se escono attività finanziarie o industriali, di ricerca o di impresa, da qualche paese europeo, non necessariamente esse arriveranno poi in altre parti di Europa. Dobbiamo, invece, pensare e agire in termini di sinergie, anche nel nuovo contesto che Brexit prefigura. Sinergie e determinazione politica per rilanciare l’economia dei nostri paesi, colpiti duramente in questo decennio da una crisi nata fuori dall’Europa, e per promuovere un modello di sviluppo sostenibile da un punto di vista sociale e ambientale. Crescere, insieme. Questo l’obiettivo.
Per l’Italia una strategia per il rilancio dell’economia europea passa per il completamento del sistema di governo dell’euro, per la definizione di una Unione politica come “federazione leggera”, per progetti di infrastruttura materiale e di innovazione tecnologica, per un rapporto equilibrato tra consolidamento dei conti pubblici, riforme strutturali e investimenti. Ma anche, e forse soprattutto, per il mercato interno europeo, lo spazio economico più ricco al mondo e più avanzato socialmente. Il mercato europeo non è scindibile dalle politiche, dalla legislazione e dai diritti che lo caratterizzano e lo rendono unico al mondo, non in quanto singolo, ma in quanto interno a uno spazio di crescita comune e di Istituzioni democratiche comuni. Istituzioni democratiche a livello europeo, Istituzioni democratiche nazionali: sono lo straordinario risultato della riconquista della libertà e della democrazia in Europa dopo la guerra mondiale.
[…] Penso che niente potrà scalfire i sentimenti di amicizia e di comune appartenenza ai valori fondanti delle nostre Istituzioni. E che le classi dirigenti dei nostri paesi oggi hanno la responsabilità di non perdere mai la capacità di ascolto reciproco, di non smarrire una prospettiva di sviluppo comune. In altre parole, di non perdere il senso di un cammino più lungo, di difesa dell’apertura delle nostre società in un contesto globale ove nessun paese, neanche il più grande in Europa, da solo può avere un ruolo simile a quello che hanno grandi soggetti internazionali non europei. Un cammino forse impegnativo, ma mai quanto quello di quei ragazzi, alla fine della guerra, mentre risalivano la spina dorsale dell’Italia.
*Consigliere per gli Affari Europei del Presidente del Consiglio dei Ministri
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