L’Europa chiede il pugno duro contro i predoni dell’arte
A scorrere le cronache, è disarmante la litania di sequestri ordinati dalla magistratura dopo indagini di carabinieri e Guardia di Finanza. L’Italia resta uno scrigno di tesori, soprattutto archeologici, di cui approfittano tombaroli, mercanti disonesti e collezionisti senza scrupoli. Pezzi rarissimi vengono continuamente fuori da giardini, ville, salotti. Non solo. Marciano a pieno ritmo le vendite al mercato nero di reperti trafugati in musei o in scavi clandestini del Medio Oriente. Un continuo arrembaggio al patrimonio storico e culturale del nostro e di altri Paesi con tanta storia illustre. Ma da ieri, l’Italia è una degli otto Paesi (con Grecia, Portogallo, Cipro, Slovenia, Armenia, Ucraina e San Marino) firmatari di una nuova Convenzione del Consiglio d’Europaper la tutela penale dei beni archeologici e culturali. Il ministro Andrea Orlando ha firmato a Strasburgo la Convenzione per conto del nostro Paese, che dovrà essere ratificata ora dal Parlamento. «Segnalerò l’opportunità – ha poi detto Orlando – di arrivare a una ratifica della Convenzione se è possibile entro la fine della legislatura».
Non è cosa da poco, questa nuova Convenzione europea. Quando e se tutti i Paesi la ratificheranno, per i trafficanti di antichità gli spazi saranno molto più stretti di quanto accada oggi. La Convenzione è infatti l’unico trattato internazionale dedicato specificamente all’incriminazione del traffico illecito di beni culturali (come definito dalle convenzioni dell’Unesco). Stabilisce che i Paesi aderenti scrivano nei rispettivi codici penali alcuni nuovi reati specifici tra cui il furto di un bene archeologico o culturale, gli scavi illegali, l’importazione e l’esportazione illegali, l’acquisizione e la commercializzazione dei beni trafugati, la falsificazione di documenti di accompagnamento, la distruzione o il danneggiamento intenzionale dei beni culturali.
Le indagini di reparti specializzati quali i nostri carabinieri del Nucleo tutela patrimonio artistico saranno più ficcanti. L’uniformità a livello europeo nella definizione dei reati faciliterà la cooperazione giudiziaria, i sequestri, le confische, le restituzioni.
«Il nostro Paese – spiega il ministero della Giustizia – si è posto come leader dal punto di vista della competenza e della sensibilità rispetto ai temi trattati, ha assicurato un contributo attivo nella piena convinzione della necessità di potenziare a livello internazionale le azioni di prevenzione e contrasto dei reati relativi al patrimonio culturale e di rafforzare i meccanismi di cooperazione». Un passaggio cruciale per arrivare alla Convenzione, adottata il 19 maggio scorso dal Consiglio d’Europa, fu appunto un convegno internazionale a Lucca organizzato dai ministri Dario Franceschini e Orlando. In parallelo, il governo ha presentato un ddl in Parlamento per riformare i reati a tutela del patrimonio artistico e archeologico, che hanno avuto il voto della Camera e sono all’esame finale del Senato. Vi sono norme draconiane contro i tombaroli, tipo la condanna da 10 a 18 anni a chi devasta o saccheggia beni culturali o luoghi della cultura, o l’arresto fino a 2 anni per chi è pizzicato in un’area archeologica con strumenti di sondaggio del terreno.
Tra le righe del provvedimento in discussione al Senato vi è, però, una norma molto contestata dalla Federazione mercanti d’arte della Confcommercio e dalle case d’asta. Ovvero il reato di compravendita di un bene culturale «senza la prescritta autorizzazione». Questa norma (che esattamente recita: «È punito con la reclusione fino a due anni e con la multa fino a euro 80.000: a) chiunque, senza la prescritta autorizzazione, aliena beni culturali; b) chiunque, essendovi tenuto, non presenta, nel termine di trenta giorni, la denuncia degli atti di trasferimento della proprietà o della detenzione di beni culturali; c) l’alienante di un bene culturale soggetto a prelazione che effettua la consegna della cosa in pendenza del termine di sessanta giorni dalla data di ricezione della denuncia di trasferimento») secondo Giulio Filippo Bolaffi, amministratore delegato dell’omonima casa d’aste, scatenerà «il terrore» tra i collezionisti. Innanzitutto per la definizione generica di che cosa sia un «bene culturale»: qualunque oggetto, a prescindere dal suo valore venale, che abbia oltre 70 anni.
In Parlamento, Bolaffi ha spiegato: «Facciamo l’esempio di un rispettabile collezionista si trova in possesso di un bene notificato, ad esempio una “lettera dei Medici” del valore di 15.000 Euro. Lo stesso, come quasi tutti i collezionisti nella loro vita, dopo un po’ di tempo vende alcuni oggetti per comprarne degli altri, per modificare la propria collezione, per cambi di interessi o per altre motivazioni. Il collezionista in questione trova un acquirente per la sua lettera dei Medici, ma per distrazione ne comunica il trasferimento oltre il termine previsto di 30 giorni. In base all’art. 518-septies-b) allo stesso verrebbe inflitta la pena di reclusione fino a due anni e una sanzione di 80.000 euro». Sono nel panico anche gli antiquari rappresentati da Confcommercio.
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