In pensione a 67 anni dal 2019 Camusso (Cgil): una follia da fermare
Si vive più a lungo e quindi si andrà in pensione più tardi, secondo quanto prevede la legge. Ieri l’Istat ha certificato che nel 2015 la speranza di vita a 65 anni è aumentata di 5 mesi rispetto al 2013. Sulla base delle norme introdotte dal governo Berlusconi e poi corrette dall’esecutivo Monti, significa che quando ci sarà il prossimo aumento automatico delle età pensionabili alla speranza di vita, cioè dal primo gennaio 2019, queste dovranno salire di 5 mesi. L’età per la pensione di vecchiaia, che oggi è di 66 anni e 7 mesi, arriverà quindi a 67 anni mentre gli anni di contributi necessari per la pensione anticipata, che oggi sono 42 e 10 mesi, saliranno a 43 anni e 3 mesi.La legge prevede che, dopo la rilevazione Istat, il governo disponga l’adeguamento almeno un anno prima che esso entri in vigore, cioè entro il prossimo 31 dicembre. Di fronte all’opposizione del sindacato e di uno schieramento trasversale in Parlamento, il governo finora ha resistito, dicendo che verrà applicata la legge, perché altrimenti aumenterebbe di molto la spesa.
Il bonus Poletti
Invece, per la segretaria della Cgil, Susanna Camusso, bisogna «fermare la follia di questo automatismo perverso». «Il meccanismo va rivisto: chiediamo al governo di rimandare la decisione al giugno 2018», dice il presidente della commissione Lavoro della Camera, Cesare Damiano (Pd). «Gradualità» chiede anche Maurizio Sacconi (Epi), che presiede la stessa commissione al Senato. Il Movimento 5 Stelle parla di «mostruosità» e incalza il Parlamento affinché discuta «al più presto» la risoluzione con la quale i grillini propongono il blocco dell’adeguamento. Un invito a riconsiderare il meccanismo di aumento viene anche dal sindacato dei medici Cimo-Cida, che osserva come i dati sulla mortalità dell’Istat mostrino un’Italia a due velocità, con forti squilibri, dove le donne del Trentino sono le più longeve (86,1 anni) vivendo 2,7 anni in media in più di quelle meno longeve, in Campania. Sempre ieri, la Corte costituzionale ha ascoltato le parti nel giudizio sul cosiddetto bonus Poletti, la parziale restituzione della mancata perequazione disposta dal governo Monti e bocciata dalla Consulta nel 2015. L’avvocato dell’Inps ha ammonito sui rischi di una bocciatura anche del bonus Poletti: la spesa aggiuntiva potrebbe toccare i 30 miliardi, mettendo a rischio i conti già minati in passato. E qui l’avvocato ha ricordato le baby pensioni, costate ben 150 miliardi fino al 2012. Oggi la decisione.