Banca d’Italia, la distanza gelida di Renzi: «Visco? Spero faccia meglio, peggio è difficile»
A Palazzo Chigi cercano di sdrammatizzare, «vedrete che a Napoli, sabato, all’assemblea del Pd, si abbracceranno, non c’è nessuno strappo fra Paolo e Matteo». Forse nello staff del presidente del Consiglio hanno anche ragione, è possibile che il rapporto personale sia integro, ma non c’è dubbio che la decisione di Gentiloni ha scavato un solco, politico, fra il capo del governo e il segretario del Partito democratico. Ed è un solco che non è destinato a chiudersi perché Matteo Renzi ha dato un’indicazione ben precisa sui lavori della Commissione parlamentare d’inchiesta e sulle richieste che il Pd farà in quella sede: l’obiettivo è «fare le pulci ad un sistema che non ha funzionato», ed i membri democratici della stessa Commissione promettono che saranno «durissimi» sulla gestione Visco. Del resto ieri è stato lo stesso presidente del partito, Matteo Orfini, ad annunciare pubblicamente che la Commissione non farà sconti, intendendo ovviamente, in primo luogo, al Governatore. Ed è ancora nello staff del segretario del Pd che si ascoltano ragionamenti di questo tipo: «Non ci prendiamo in giro, anche nei saloni di Palazzo Koch ammettono che Visco è un’anatra zoppa, che sono stati fatti errori macroscopici nella vigilanza bancaria, e che magari non sono di diretta responsabilità del Governatore ma lo coinvolgono eccome, per come ha esercitato il suo ruolo».
La lacerazione
Insomma la lacerazione, politica e istituzionale, fra la Banca d’Italia e il primo partito di maggioranza è destinata a non rimarginarsi, semmai ad aggravarsi. E non solo per le ragioni della campagna elettorale. Ieri Renzi l’ha messa giù anche con una battuta: «Tutti ci auguriamo che Visco possa fare meglio, ma è anche difficile che possa fare peggio, nei prossimi 6 anni». E i suoi collaboratori aggiungono benzina sul fuoco: «La Banca d’Italia ha un’autonomia e un potere molto grandi, ha denari e risorse umane smisurati, non si è lamentata per la mancanza di strumenti normativi o di poteri ispettivi e allora è legittimo porsi una domanda e puntare ad un cambiamento, anche con Visco in sella: la governance interna va modificata, non ha funzionato, non occorrono nuove norme, ma il fatto che gli ispettori di Bankitalia vengano assunti dalle banche a cui fanno le ispezioni, cosa che accade da decenni, è un’indecenza che andrebbe corretta, per dirne solo una».
Il rapporto fiduciario
Se Renzi dunque da una parte prende atto che esiste un rapporto fiduciario (come ha detto del resto il capogruppo alla Camera Ettore Rosato) fra Gentiloni e Ignazio Visco, e fra questi e Mattarella, che alla fine è stato preminente, dall’altro non recede dal percorso intrapreso: è la cornice di un pezzo di campagna elettorale che altri avrebbero potuto fare contro il Pd. È un modo di parlare ai risparmiatori e agli elettori. «Ma è anche un modo per dire — continuano i suoi — che non esistono solo ragioni sistemiche o istituzionali, ci sono indubbiamente delle responsabilità nella vigilanza che emergeranno nei lavori della Commissione parlamentare d’inchiesta e su quelle chiederemo delle correzioni di rotta alla stessa Banca d’Italia». Insomma se a Palazzo Chigi sussurrano che Renzi si sia pentito della scelta, e che poi abbia dovuto mantenere un canovaccio per coerenza, l’ex premier dimostra proprio il contrario. E più escono indiscrezioni sulla vigilanza bancaria di questi anni, e sui documenti che la Commissione sta visionando, più il segretario sembra convinto della bontà della scelta fatta: verrà cavalcata ogni notizia di cronaca utile. Con buona pace, aggiungono i suoi, del dileggio di Massimo D’Alema, che ha ironizzato sulla perizia politica di Renzi, così: «Nuovo brillante successo, dopo quello del Referendum costituzionale, e il grande successo dell’Italicum cancellato dalla Consulta. Il Pd ormai riesce a fare danni sia al Paese che a se stesso».
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