La banda che si arricchiva con il Dna dei centenari sardi
I vecchietti l’avevano capito subito: «Ora vogliono fare affari con il nostro sangue». E se è vero che gli anziani d’Ogliastra non s’intendono di business o di complesse questioni scientifiche, su questa vicenda la loro saggezza è stata davvero provvidenziale. «Venderanno il nostro dna per poi dire che hanno riprodotto il segreto della longevità», protestava il centenario Antonio Mura, il giorno che si è cominciato a parlare di un’asta internazionale per la cessione dei 230 mila campioni di dna raccolti tra gli abitanti di questo angolo di Sardegna.
Il bottino era davvero grosso e non è un caso che per la prima volta in Italia la procura della Repubblica di Lanusei abbia aperto un fascicolo per furto di materiale biologico, recapitando 17 avvisi di garanzia. L’indagine si è svolta come se il caso fosse una rapina milionaria: le 25 mila provette sparite dalle stanze sterili del parco Genos di Perdasdefogu, gli investigatori le hanno considerate come una cassaforte piena di gioielli e banconote. Lo scandalo era rimbalzato subito sui media di mezzo mondo e nel giro di qualche giorno i carabinieri della compagnia di Jerzu avevano ritrovato la strana refurtiva nelle celle frigorifere del reparto di oculistica di un ospedale di Cagliari. Dove sarebbe finito? «Il nostro sospetto – sostiene il procuratore di Lanusei, Biaggio Mazzeo – è che si potesse creare una grossa speculazione e che i campioni potessero essere utilizzati per realizzare brevetti da rivendere alle case farmaceutiche. Nella vicenda si è creato un grosso corto circuito: si è partiti da una ricerca senza scopo di lucro, alla quale la gente aveva partecipato con entusiasmo, e si è arrivati a un intricato affare internazionale».
L’indecifrabile mistero dell’Ogliastra è un’ossessione ventennale per gli scienziati di mezzo mondo. Per scoprire i segreti dei centenari si sono fatti studi su tutto: sulle condizioni climatiche e lo stile di vita, l’aria e l’acqua, l’isolamento dei paesi e le abitudini alimentari. Il muro più difficile da abbattere resta quello delle caratteristiche genetiche della popolazione. E il dubbio principale non è mai stato chiarito: cos’hanno in comune le persone che abitano in una delle cinque zone del pianeta in cui si vive più a lungo? Trovare la risposta era proprio l’obiettivo del più grande screening genetico che sia mai stato fatto: 14 mila persone, tutte residenti in 10 Comuni dell’area centro orientale della Sardegna, sottoposte a prelievi e analisi. Il progetto si chiamava Shardna ed era partito nel 1995. Aveva iniziato Renato Soru, ancor prima di darsi alla politica, creando una società consortile con la partecipazione dei Comuni dell’Ogliastra. Qualche anno dopo, tutto il patrimonio è passato nelle mani dell’ex ospedale San Raffaele di Milano e successivamente, con il crac della fondazione di don Verzè, anche la banca del Dna è finita all’asta. L’unica offerta, nel 2016, l’ha fatta la società inglese “Tiziana Life Sciences” (quotata in Borsa e amministrata da un italiano) che si è comprata i campioni biologici e tutti i segreti contenuti all’interno con appena 258 mila euro. Qualche mese dopo però si è saputo della curiosa sparizione delle provette e ancora più curiosa è stata la scoperta fatta in pochi giorni dai carabinieri: i campioni di dna erano stati spostati a Cagliari dal professor Mario Pirastu, primo direttore scientifico della banca genetica ed ex ricercatore del Cnr. «Le avevo spostate qui per proseguire le ricerche, non c’è stato nessun furto». Ora anche lui è indagato, insieme ad altri ricercatori e a molti sindaci della zona. «Certo, hanno consentito di sfruttare i dati delle anagrafi per portare avanti questo screening – spiega il capitano Giuseppe Merola -. Tra l’altro i prelievi erano stati fatti con una finalità di ricerca e non per essere rivenduti».
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