Piazza San Carlo, nuovi indagati a Torino. Rischiano fino a 12 anni di carcere
Sono passati cinque mesi. La sera del 3 giugno un’ondata di panico improvvisa e mai chiarita ha innescato il caos tra i 40 mila tifosi che assistevano alla finale di Champions League tra Juventus e Real Madrid trasmessa su maxischermo. Oltre 1500 feriti e una donna di 38 anni, Erika Pioletti, morta, schiacciata contro le transenne dalla folla in fuga. Una catena di responsabilità che dopo 150 giorni di indagine, decine di testimonianze raccolte e centinaia di documenti acquisiti, comincia a emergere con maggiore nitidezza. E nelle ultime settimane ha fatto compiere un salto di qualità all’inchiesta della Procura: gli indagati sono aumentati fino a sfiorare la ventina; ed è cambiata la gravità delle accuse loro contestate.
La sera del 3 giugno un’ondata di panico scatenò il caos tra i 40 mila tifosi che assistevano alla finale tra Juve e Real Madrid trasmessa su maxischermo in piazza San Carlo
La prima fase dell’inchiesta, coordinata dal pm Antonio Rinaudo, dall’aggiunto Vincenzo Pacileo e dal procuratore capo Armando Spataro, è entrata nella fase conclusiva proprio con questo scatto qualitativo: ai reati già contestati, lesioni e omicidio colposo, si aggiungerebbe anche l’aggravante di avere agito in concorso tra più persone. Un’accusa che, se provata, una volta conclusi tutti i gradi di giudizio di un eventuale processo, comporterebbe un aggravamento delle pene fino anche a dodici anni di carcere nei casi più gravi, condanna massima prevista per il reato di omicidio colposo, oltre alla possibile interdizione dai pubblici uffici per gli amministratori coinvolti in quel disastro.
In questi mesi la polizia giudiziaria ha ricostruito la presunta filiera delle responsabilità penali a cui seguiranno quelle di natura civile, legate alla definizione dei risarcimenti per la famiglia dell’unica vittima e per le lesioni riportate da centinaia di spettatori. Sono state sentite decine di persone, tra cui moltissimi feriti, ma anche chi quella notte è intervenuto per soccorrerli. Sono stati raccolti i verbali, le relazioni di servizio delle forze dell’ordine, e poi tutti gli atti che riguardano l’organizzazione della manifestazione. Dall’insieme dei fascicoli analizzati sarebbero emerse lacune e omissioni su molteplici aspetti: le riunioni preparatorie e operative (soltanto tre mentre, per l’organizzazione della festa di San Giovanni sono state undici), l’allestimento della piazza, le autorizzazioni rilasciate, i mancati divieti, la gestione della sicurezza, i controlli.
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La catena di comando
Finora gli indagati erano due: Maurizio Montagnese e Danilo Bessone, rispettivamente presidente e direttore di Turismo Torino, l’ente strumentale della Città incaricato materialmente di allestire piazza San Carlo per la partita: noleggiare il maxischermo, montare il palco, reclutare steward e attrezzature. A loro si sommava la sindaca di Torino Chiara Appendino, iscritta in seguito alle denunce contro il Comune presentate da alcuni feriti. Altre figure chiave si sono aggiunte nelle ultime settimane e, soprattutto, le ipotesi di reato adesso sembrerebbero assai più definite. E pesanti.
Ogni aspetto sensibile è stato scandagliato dagli investigatori. Ne è emersa una catena di responsabilità che coinvolge alcune figure ai vertici della città e, con loro, funzionari e «operativi» dei principali enti coinvolti nell’organizzazione e nella gestione della piazza: Comune, questura, prefettura. Chi doveva dare le direttive e chi doveva attuarle. Chi non ha valutato tutti i profili di rischio e chi, pur magari consapevole delle lacune che si stavano creando, non ha agito per correggerle e, così facendo, ha contribuito a trasformare un’ondata di panico in una tragedia.
Lacune e controlli
Quella sera erano stati disposti varchi di accesso a piazza San Carlo, decisione imposta dalla questura nonostante le perplessità espresse dagli organizzatori di Turismo Torino e dagli stessi funzionari del Comune. Tuttavia non ce n’erano abbastanza per delimitare tutto il perimetro da sorvegliare. E, soprattutto, le transenne – sempre per disposizione della questura – vennero posizionate solo verso le 14,30 e le perquisizioni cominciarono intorno alle 15 quando la piazza era piena quasi per metà e i venditori abusivi già si muovevano indisturbati, senza alcun controllo da parte di vigili e forze dell’ordine. Altro capitolo: la mancata sorveglianza del parcheggio sotterraneo che, da disposizioni, andava presidiato e da cui sono passati gli abusivi con lattine e bottiglie in vetro, risalendo dalle scale di servizio direttamente in mezzo alla piazza, sfuggendo così a qualunque controllo. E ancora, le sciatterie nell’organizzazione, affidata a un ente – l’agenzia turistica – che non aveva i mezzi, le risorse e il personale per occuparsi di tutto l’evento, e il mancato coordinamento da parte della Città che, attraverso il gabinetto del sindaco, coordinava il tavolo tecnico.
Le prescrizioni
Magistrati e investigatori hanno poi analizzato a fondo il ruolo della commissione di vigilanza, organismo coordinato dalla prefettura e composto da tecnici di Città, Vigili del fuoco, Asl, Genio civile e questura, che ha il compito di controllare che le grandi manifestazioni pubbliche rispettino gli standard di sicurezza previsti dalle normative. La mattina del 3 giugno la commissione, durante un sopralluogo in piazza San Carlo, impartì 19 prescrizioni obbligatorie. Alcune – come la sorveglianza del parcheggio sotterraneo e il contrasto agli abusivi – sono rimaste lettera morta, senza che nessuno si preoccupasse di verificare che fossero state rispettate.
A breve la Procura notificherà gli atti giudiziari messi a punto in queste ultime ore. Nei prossimi giorni, quindi, gli indagati potranno presentarsi davanti ai magistrati, con l’assistenza degli avvocati di fiducia, alcuni (nel caso di chi era già iscritto), già nominati da tempo.
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