Chi è impresentabile

«Allacciate le cinture, la Repubblica è tornata. È di nuovo in campo al fianco della sinistra con qualche copia in meno e qualche vicedirettore in più.

Ma davvero come in un gigantesco gioco dell’oca stiamo tornando alla casella di partenza? Davvero siamo prigionieri, di generazione in generazione, di questa eterna invidia nei confronti della discesa e ridiscesa in campo dell’uomo di Arcore? Pensavamo di averlo archiviato, il debenedettismo, e invece – c’è poco da ridere – è ancora qui. La bruciante condanna a 180 milioni per una elusione fiscale di oltre trecento del suo gruppo editoriale, la dolorosa ammissione di aver pagato tangenti per piazzare alle Poste calcolatrici farlocche quando era a capo della Olivetti, l’umiliazione dell’ordine di arresto e di un passaggio nelle patrie galere, una azienda fallita salvata dalle banche con soldi nostri: tutte cose che avrebbero incenerito la carriera di qualsiasi imprenditore non sudamericano non sono invece bastate a mettere fuori gioco l’Ingegner Carlo De Benedetti, editore impresentabile di la Repubblica».

Il brano che avete appena letto è liberamente tratto e parafrasato da quello scritto ieri da Sebastiano Messina in prima pagina su la Repubblica e intitolato «Torna l’impresentabile», riferito ovviamente a Silvio Berlusconi. Come spero di aver dimostrato, gli insulti e le accuse che Messina ha usato nei confronti di Berlusconi (guai con la giustizia e il fisco) calzano a pennello sul suo editore Carlo De Benedetti e sui suoi vecchi e nuovi collaboratori, tra i quali il fascistissimo (per sua ammissione) e fiscalmente furbetto Eugenio Scalfari (quest’ultimo un vizio della casa, anche l’ex direttore Ezio Mauro fece pasticci nell’acquisto di una casa). Così come è identico il meccanismo che Messina e i suoi colleghi mettono in atto ad ogni elezione da vent’anni a questa parte: insultare, denigrare, offendere, maestrini di etica e morale che tengono ben chiusi i loro scheletri dentro armadi ormai colmi dai quali filtra l’odore nauseabondo che ha inquinato la vita politica dal 1993 ad oggi.

Per fortuna si vota, e le elezioni in democrazia sono una ventata di freschezza che spazzano via, almeno per un po’, i virus e i bacilli che infestano l’aria. Basta avere un po’ di pazienza.

IL GIORNALE

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