Politica italiana bloccata : è il 2017 ma sembra il 1993-94
L’Italia politica di fine 2017, proiettata sull’ordalia elettorale del 2018, sembra presa da una smania incontrollabile di imitare la stagione del ’93-’94, quella che diede ufficialmente inizio alla cosiddetta Seconda Repubblica. Stessi meccanismi, stessi tic mentali, stessi riflessi (pavloviani). Come in un’illusione di eterna immobilità, di un istinto all’eterno ritorno del sempre uguale che cerca disperatamente di non vedere quanto il mondo, in realtà, sia mutato con una radicalità sconvolgente. Tra il ’93 e il ’94, per esempio, si discuteva in Italia della riforma delle pensioni.
E oggi? Oggi, ventitré anni dopo, si discute quasi della stessa cosa, con una minuscola variante: della riforma della riforma delle pensioni. In quell’epoca ormai lontana, all’esordio della Seconda Repubblica, si diceva che il problema che stava soffocando l’Italia era il peso schiacciante del debito pubblico. Niente, proprio niente di nuovo nel 2017: resta il peso schiacciante del debito pubblico. Nel frattempo si sono alternati in tutti questi anni governi di destra e di sinistra, ma la montagna del debito sta sempre lì, e rischia, oggi come allora, di crollarci addosso. Una sola cosa è cambiata: la lira è stata sostituita dall’euro. E basta. Oggi come allora il protagonista si chiama Silvio Berlusconi. Ma se il berlusconismo è rimasto eguale a se stesso, negli spiriti se non nei corpi per quanto restaurati, identica appare anche la reazione antiberlusconiana: allarmistica, psicodrammatica, incredula, proprio come tanto tempo fa.
Si riapre, proprio come in quell’epoca, a un passo dalle elezioni, l’offensiva giudiziaria dei rapporti tra Berlusconi e la mafia. Sembra un film già visto. Già vista, però, anche la reazione berlusconiana, con l’accusa, identica persino nelle espressioni, di una «giustizia a orologeria» che ispirerebbe la magistratura «politicizzata». Già vista la reazione del variegato schieramento antiberlusconiano, dove il merito della questione, «vero o non vero?», si trasforma impercettibilmente in «utile o non utile?». Non sarà controproducente questo attacco giudiziario proprio alla vigilia delle elezioni, dice qualcuno nel Pd, memore di ciò che poi è accaduto dopo il ’94, quando a ogni affondo della magistratura Berlusconi vedeva aumentare i suoi consensi? Ecco, s’ode l’altra campana dell’antiberlusconismo, potete fare l’«inciucio» con un uomo accusato nientemeno che di collusioni mafiose? Così dice l’eterno schieramento oltranzista, che in ogni accordo da ventitrè anni a questa parte, sia pur un accordo sulle regole, vede la mano colpevole di una losca intesa sottobanco con il Nemico assoluto. Tutto come allora. Stessi tic, stesse reazioni, stessi automatismi.
Come nel ’93 si vota con una legge elettorale diversa da quella con cui è stato eletto l’ultimo Parlamento. Allora fu Berlusconi a capire i meccanismi del cosiddetto Mattarellum, nuovo e sconosciuto, e a sinistra presero pure in giro questo nuovo arrivato della politica che parlava di «rassemblement» per unificare in modo avventuroso e spericolato le sparse forze del nascituro centrodestra, e mentre con spocchia e sussiego prendeva in giro il parvenu della politica, la sinistra non aveva ancora compreso quale batosta sarebbe arrivata dopo qualche mese. Anche oggi, si è appena varata, e ottenuta con una prova di forza che ha lasciato sul campo qualche ferito, una legge elettorale che dovrebbe favorire le coalizioni, ma intanto l’unica coalizione che sembra funzionare è quella, sia pur rabberciata, del centrodestra, mentre nel campo del centrosinistra i litigi non sembrano attenuarsi. E dato che i tic non si ripresentano mai isolati, ecco la riedizione dell’antico sospetto del ’93: quale potenza occulta rischia di far vincere l’avversario? Ieri era la televisione, oggi sul banco degli accusati c’è il web. Diversi strumenti, stessa storia.
Stessa storia anche gli annunci berlusconiani, in cui non poteva mancare, lungo tutto l’arco che dal ’93 del secolo scorso al 2017, la promessa infinita del ponte sullo Stretto di Messina, anche se, per la verità, in una parte consistente dello schieramento opposto, è un po’ cambiato lo sdegnoso no alla trovata di Berlusconi. Tutto uguale, tutto immobile, anche se tutto è cambiato nel frattempo, come se la politica, malgrado l’irrompere di volti nuovi (Renzi) e forze nuove (i Cinque Stelle), galleggiasse su un universo parallelo. Come se la Terza Repubblica volesse imitare quella precedente. Riuscendoci bene.
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