Usa, massacro durante la messa. Spara e uccide 26 persone
Le macchine della polizia. Le ambulanze. Gli elicotteri che vanno avanti e indietro per trasportare i feriti. Le fotografie sgranate della scena prese con un telefonino. Le notizie che si susseguono confuse. Le immagini della Cnn. La prima stima che parla di dieci morti, poi di venti, poi di ventiquattro tra cui un bambino di due anni. Tristemente uguale a quelle che l’hanno preceduta, ieri negli Stati Uniti è andata in scena l’ennesima sparatoria di massa. Alle 11,30 locali il 26enne bianco David Patrick Kelley è entrato nella First Baptist Church di Sutherland Springs, un piccolo centro a 48 chilometri a Est di San Antonio, in Texas, e ha cominciato a sparare sulle cinquanta persone che in quel momento stavano assistendo alla funzione religiosa.
Sul posto sta operando la polizia locale e l’Fbi. Un reporter del giornale locale, il Wilson County News, ha detto alla Cnn che la First Baptist Church è famosa per postare online i video delle messe domenicali sulla sua pagina YouTube: se così fosse, la sparatoria potrebbe essere stata ripresa dalle telecamere interne, una eventualità ovviamente preziosa per le indagini. A quattro ore della sparatoria, alle 15,21 locali, il Presidente Donald Trump, in viaggio ufficiale in Asia, ha rilasciato il suo primo commento via Twitter: «Possa Dio essere vicino alla gente di Sutherland Spring, in Texas. L’Fbi e la polizia locale sono sul posto. Sto monitorando la situazione dal Giappone». Da parte delle autorità non c’è ancora nessuna informazione circa la nazionalità dell’attentatore, né sulla dinamica della morte.
Le sparatorie di massa negli Stati Uniti sono diventate così comuni da essere divise in speciali classifiche a seconda del luogo: scuole, uffici, luoghi di culto. Indipendentemente dal numero totale delle vittime, quella di domenica a Sutherland Springs è già ora la sparatoria di massa con il più alto numero di morti avvenuta in chiesa. Prima di questa, il primato spettava a quella avvenuta il 17 giugno del 2005 presso la Emanuel African Methodist Episcopal Church di Charleston, nella Carolina del Sud. Allora nove persone furono uccise da Dylan Roof, ventunenne suprematista. Non solo, questa di Sutherland Springs avviene a poco più di un mese da quella di Las Vegas, dove morirono 58 persone e più di 500 rimasero ferite: il primo ottobre il sessantaquattrenne Stephen Paddock si barricò in una stanza del Mandela Bay Hotel e cominciò a sparare sulla folla che stava assistendo al Route 91 Harvest Musica Festival.
I motivi del gesto sono ancora sconosciuti, le indagini ancora in corso. Sarah Huckabee Sanders, portavoce della Casa Bianca, subito dopo i fatti di Las Vegas disse che quello non era il momento giusto per iniziare una conversazione sul controllo delle armi da fuoco, da sempre uno degli argomenti più controversi all’interno della società americana. «Nel rispetto delle vittime ci asteniamo dall’aprire il dibattito sul controllo delle armi». I politici in maggioranza democratici che cercarono, dopo Las Vegas, di spingere in quella direzione furono accusati di voler strumentalizzare la morte di 58 innocenti per fini politici. In molti, oggi, alla luce della ennesima sparatoria si chiedono se quel momento arriverà mai.
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