Il piromane travestito da pompiere
Ma qualcuno ha avvisato il segretario del Pd che oggi si vota in Sicilia, cosa non marginale negli equilibri futuri della politica nazionale? No, perché Matteo Renzi sulla questione non ha mai detto una parola, tanto meno è stato sul posto a galvanizzare i suoi.
In compenso non passa ora che l’ex premier esterni sulla crisi del sistema bancario, fatto sicuramente rilevante ma tutto sommato in queste ore non centrale. La sua è diventata una ossessione, e come tutte le ossessioni induce a sospetti. Il primo è che si tratti di una manovra diversiva per spostare l’attenzione dall’imminente e probabile disastro elettorale del Pd nelle elezioni siciliane. Il secondo è che Renzi voglia cercare di fare dimenticare, alla vigilia delle elezioni politiche, che il suo partito ha enormi responsabilità nel fallimento di due banche (Monte Paschi ed Etruria). Mentre il suo governo è responsabile di tutti gli altri stati di crisi, avendo gestito con leggerezza e ritardo sia l’introduzione del bail in (la normativa europea che fa pagare ai risparmiatori il fallimento di una banca), sia la riforma delle popolari (addirittura con sospette fughe di notizie che potrebbero aver avvantaggiato alcuni speculatori).
È credibile un piromane che apre, senza nessuna autocritica o pentimento, una campagna contro gli incendi dolosi? Non credo, e non è il massimo della trasparenza che lo stesso incontri privatamente è successo ieri il capo del pool che sta indagando sugli incendi, cioè quel Pier Ferdinando Casini messo di recente alla guida della Commissione parlamentare che dovrebbe fare un po’ di chiarezza su quanto successo nel sistema creditizio italiano.
Per restare in metafora, c’è troppo fumo nell’agitarsi frenetico di Matteo Renzi. Tutti vorremmo sapere la verità, anche la più indicibile, e ci batteremo perché ciò avvenga. Ma Matteo Renzi, su questo tema, dovrebbe stare sul banco dei sospettati, non su quello degli inquisitori. Tanto non rischia nulla, perché la Commissione Casini ha le ore contate, era già deciso fin dall’inizio che si sarebbe sciolta all’annuncio della fine della legislatura, cioè tra poche settimane. Anche in questo caso vale la regola tutta italica: se vuoi affossare uno scandalo, metti su una bella commissione d’inchiesta parlamentare con a capo una persona fidata. Fai un po’ di casino e aspetta, che il tempo è un gran dottore.
IL GIORNALE