Fuga per la vittoria

Mattia Feltri
 

Poteva essere il più scintillante spettacolo del crepuscolo, e invece no: stasera niente sfida televisiva fra Luigi Di Maio e Matteo Renzi. Il capo dei cinque stelle – dopo avere chiesto il confronto, averlo ottenuto, fissate l’emittente, la trasmissione e l’ora – ieri ha detto che il dirimpettaio non conta più nulla, addio. È una fuga, ha risposto Renzi, non si fa così. E in effetti Di Maio ci rimedia una figura proporzionata al suo calibro, ma che gli importa? Né la figura né tantomeno il calibro interessano qualcosa ai sempre crescenti ammiratori. Però il segretario del Pd non dovrebbe darsi pena per la fuga di Di Maio, come del resto mai s’è dato pena per fughe precedenti.

 Cominciò a fuggire Pippo Civati, e passi. Poi fuggì Enrico Letta, e va bè. Poi è fuggito Massimo D’Alema, e tanto di guadagnato. Poi sono fuggiti Alfredo D’Attorre e Roberto Speranza, e capirai, chi cavolo sono? Poi è fuggito Pierluigi Bersani e un pochino è dispiaciuto, ma sono cose che succedono. Poi è fuggito Pietro Grasso, e ci mancava solo questa. Nel frattempo era fuggito tutto il centrodestra di Silvio Berlusconi dalle riforme costituzionali, e sono finite gambe all’aria. Dopo il centrodestra ha cominciato a fuggire anche metà Nuovo centrodestra, pezzo a pezzo, e francamente meglio perderli che trovarli. Il vero problema è che intanto sono fuggiti anche gli elettori, parecchi, e qui qualche domanda bisognerebbe farsela. E che tutto ciò che è rimasto è Angelino Alfano, è la risposta.
LA STAMPA
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