Tramortiti

Si vota, vince il centrodestra e perdono tutti gli altri. Questo è l’unico dato che conta delle elezioni siciliane, in linea con le ultime amministrative in giro per l’Italia.

Secondo gli elettori siculi, gli impresentabili – per stare nel tema della polemica che ha accompagnato la campagna elettorale – non sono i candidati di Nello Musumeci, ma chi li aveva messi all’indice, dalla sinistra ai grillini usciti entrambi tramortiti dalle urne. Se per Renzi è stata una disfatta annunciata che avrà conseguenze pesanti sulla sua leadership, a Di Maio rode davvero tanto. Evidentemente non si aspettava di stare con il suo governatore Giancarlo Cancelleri ben cinque punti sotto il centrodestra, per di più con l’aiuto consistente di migliaia elettori di sinistra che – perso per perso – hanno utilizzato il voto disgiunto (non previsto per le Politiche): lista Pd, candidato governatore Cinquestelle.

Se devo dire, la faccia di queste sconfitte non è tanto quella di Matteo Renzi (che peraltro si è ben guardato di mostrarla) ma quella di Luigi Di Maio che già si sentiva viceré delle Due Sicilie. Il ragazzo torna a Roma con le pive nel sacco senza neppure riconoscere – e questo la dice lunga sulla rabbia che cova – la vittoria al rivale Musumeci, inedito sgarbo che neppure la Clinton si sentì di fare con il pur odiato Trump.

Il dato politico, al netto delle preferenze ai governatori, parla chiaro: centrodestra 42,2 per cento, Cinquestelle 26,7, Pd-sinistra 25,2, Alfano 4,1 (risultato umiliante che lo lascia fuori dal parlamento della sua Regione e segna probabilmente la sua definitiva fine politica). Obiezione: ma il centrodestra è una coalizione, non un partito. Certo, lo è da sempre e sempre lo sarà, pena la sua estinzione. Lo sa bene Silvio Berlusconi, che nonostante Forza Italia sia il partito più votato della compagine – come dimostra anche questa tornata – a differenza di Renzi ha sempre rispettato e accontentato gli alleati anche nei momenti di maggiore tensione. Questo è il muro su cui, da Occhetto in poi, sono andati a sbattere tutti, dai rivali dichiarati ai traditori (vedi Fini e Alfano) agli opinionisti che hanno già dato per morto il Cavaliere e il suo schieramento almeno una decina di volte dalla sua discesa in campo. E ancora oggi si è dimostrato che Renzi e Grillo non solo non sono invincibili, ma forse neppure dei vincenti.

IL GIORNALE

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