“Prendiamoci i voti dei giovani Pd”. Così Di Maio sfida il centrodestra
Il nemico è cambiato. La vittoria del centrodestra in Sicilia ha spostato gli equilibri anche nel Movimento 5 stelle. E Luigi Di Maio, che sul voto aveva puntato una buona parte della sua credibilità interna, ha capito di dover imprimere una svolta. «La nuova strategia, adesso, deve essere quella di svuotare il Partito democratico dei suoi voti», ragiona deciso con i suoi uomini più fidati. E una volta conquistati i voti dei delusi di centrosinistra, lanciare la sfida finale per Palazzo Chigi a Salvini e Berlusconi.
Tutto si muove da un semplice dato, particolarmente interessante, che sui fogli dei report elettorali di Di Maio è stato sottolineato con forza. Secondo le analisi dell’Istituto Cattaneo un elettore su quattro, tra quelli che nel 2012 avevano votato il candidato del Pd Rosario Crocetta, ha scelto di migrare verso i lidi pentastellati. Con il voto disgiunto, e quindi con la possibilità di votare il simbolo di un partito e il candidato di un altro partito, uno strano filone di voti si è mosso dal centrosinistra per finire nel forziere di preferenze di Giancarlo Cancelleri, candidato governatore del Movimento 5 stelle. Un interesse, questo degli elettori di centrosinistra nei confronti dei grillini, che si sposa perfettamente con il nuovo quadro politico.
«Renzi è politicamente morto. Gli elettori hanno capito che l’unica alternativa a Berlusconi siamo noi», vanno ripetendo come un mantra i vertici M5S che, come da copione, hanno già spostato il mirino dei loro attacchi sul leader di Forza Italia. Ma proprio per questa debolezza del Pd, l’assalto a quei voti deve partire al più presto. E con un target iniziale che Di Maio ha già chiaro in mente: «Dobbiamo prenderci i voti dei giovani del Pd».
L’operazione non è così fantasiosa. Il voto tra i 18 e i 35 anni è quello meno strutturato. E poi, la fascia più adulta di elettori tradizionalmente di sinistra, tra i 25 e i 35 anni, è cresciuta nel periodo dell’anti-berlusconismo e, secondo Di Maio, farebbe di tutto pur di non votare il centrodestra. In quel momento – nella strategia di Di Maio – andranno calate le reti da pesca. Chi potrebbe rendere più difficile il successo del piano pentastellato è Mdp. Il partito a sinistra del Pd, guidato da Bersani e Speranza, in Sicilia è però rimasto inchiodato al 5%, senza riuscire a intercettare l’emorragia di elettori dal partito di Renzi.
Dall’altra parte, l’ipotesi di un’alleanza con la Lega di Matteo Salvini si fa sempre meno concreta. Appiattirsi sulle posizioni sovraniste non aiuterebbe a candidarsi come «unica alternativa al centrodestra». Ma va dato un segnale forte in questo senso. E non è un caso che il M5S abbia tenuto aperto uno spiraglio sulla posizione da prendere a proposito di Ius soli. «Ius soli è una parola che svia. Noi siamo aperti, ma servono alcune garanzie», aveva detto Beppe Grillo a Palermo, pochi giorni prima delle elezioni. La cittadinanza agli stranieri, d’altro canto, è materia in grado di spostare l’orientamento di una forza politica. E se dovesse mai vedere la luce in Parlamento, si potrebbe sempre decidere di cambiare idea. La torsione necessaria al Movimento è rumorosa, certo, ma non per questo sconvolgente. D’altronde, sono le grandi comodità di guida che solo un partito che si definisce post-ideologico può offrire.
In quest’ottica, anche il ballottaggio che si terrà a Ostia «verrà seguito con grande interesse», confermano i vertici del Movimento. Nel quartiere romano, grande quanto una città di 230 mila abitanti, si sfideranno tra due settimane proprio Cinque stelle e centrodestra. Casapound, che ha ottenuto il 9,1%, ha chiesto ai suoi elettori di non recarsi alle urne. Il Pd, invece, rimasto fuori dai giochi, ha lasciato libera scelta. «Sarà un banco di prova importante per capire quanti elettori possiamo attrarre dal centrosinistra», si ragiona tra i deputati grillini di peso. Ostia, come la Sicilia, fornirà al Movimento un altro spunto di riflessione importante.
Insomma, Ostia e la Sicilia hanno più di una cosa in comune. Anche sul litorale romano, così come sul’isola, i Cinque stelle non sono riusciti a incidere sull’astensionismo, che ha raggiunto percentuali addirittura peggiori rispetto al passato. «Ma l’astensionismo è una questione culturale», si difende un deputato vicino a Di Maio. «Per recuperare la fiducia di chi non vota ci sarà bisogno di molti più anni. Adesso, invece, pensiamo a vincere contro il centrodestra».
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