Terremoto in Centro Italia, due inverni senza casa
Quattro giorni fa Augusto Coccia ha iniziato a sputare sangue. Polmonite, gli hanno spiegato i medici, lasci perdere il camper e il freddo, si deve ricoverare e stare al caldo altrimenti ha chiuso con Castelluccio e con la vita che ha vissuto finora. Da lunedì si ricovera, a Castelluccio tornerà in primavera.
(Dopo qualche giorno di cure a Roma, Sara Rizzi è tornata a Visso. La malattia non l’ha tenuta lontana dalle sue radici) foto ©Flavia Amabile
È la vita di migliaia di persone in questo pezzo di Centro Italia devastato da mesi di scosse, dove sono state autorizzate le richieste di 3702 nuclei familiari per una Sae, acronimo per Soluzione abitativa di emergenza, che già nel nome rivelerebbe la prima contraddizione. Ma la seconda contraddizione è ancora più drammatica: solo 1103 hanno ottenuto una casetta, più di 2 famiglie su tre vivono ancora come un anno fa, senza aver avuto nemmeno la casetta di “emergenza”.
Casteluccio, Visso, Ussita sono alcuni dei tanti paesi ancora senza casette. Difficile vivere così a lungo in questa precarietà dove ogni scadenza è stata disattesa e le consegne delle casette di aprile sono diventate quelle di giugno, poi di agosto, poi «di sicuro entro l’inizio delle scuole» e poi più nulla perché è arrivato di nuovo l’inverno e da queste parti già ora di notte le temperature sono intorno allo zero e sulle cime delle montagne è apparsa la neve. Chi non ha accettato di farsi trasferire da un albergo all’altro della costa marchigiana o dell’entroterra umbro si è arrangiato come ha potuto.
(Lo scorso dicembre Alessandro Morani ha riaperto il suo negozio di cellulari: «A mie spese. E dovrei pagare le tasse…») foto ©Flavia Amabile
Intorno a quello che un tempo era lo stadio comunale di Visso è nata un’area camper, una definizione che sa di vacanza, sarebbe più giusto definirla comunità di resistenza. Ci vivono una ventina di persone, hanno dai 17 ai 60 anni: sono famiglie, persone da sole, studenti, allevatori, operai della zona. Tutti dormono in una roulotte regalata da qualcuno dei tanti italiani che lo scorso anno fecero a gara per dare una mano. Il resto avviene negli spazi comuni. In quello che un tempo era lo spogliatoio dello stadio hanno creato la cucina. Quelli che erano i bagni di chi andava a giocare sono diventati i bagni di tutti. Se di notte a qualcuno di loro scappa la pipì deve vestirsi, uscire dalla roulotte, percorrere diversi metri al freddo e andare a cercare i bagni. A oltre un anno di distanza dal terremoto.
«Quanto ancora dobbiamo vivere così?», chiede Romina Pasquini, 43 anni, che lavora in fabbrica, alla Vissana, e un mese e mezzo fa di notte è dovuta correre in ospedale fino a Macerata per partorire. Forse anche a causa di tanti mesi di vita in roulotte, il suo fisico non è riuscito a arrivare fino al termine della gravidanza: la figlia è nata al settimo mese. «Per fortuna sta bene, ma il rischio è stato grande. E’ ancora in ospedale ma tra una decina di giorni uscirà, ho bisogno di una casa, non posso aspettare ancora e farla andare a vivere in roulotte come abbiamo fatto finora. Quando la dimetteranno saremo quasi a dicembre. Non posso resistere ancora in queste condizioni: voglio una casa e la voglio qui, questo è il mio paese, è il luogo a cui appartengo, dove lavoro e dove vivo. Non voglio andare al mare».
Romina scappa in ospedale, un’ora e mezza ogni giorno fino a Macerata. Quando tornerà stasera troverà la cena pronta. E’ la regola della comunità di resistenza di Visso. Hanno creato dei turni in base agli orari di lavoro. Molti di loro sono impiegati nelle aziende della zona che hanno riaperto. Chi prende servizio di pomeriggio resta a cucinare il pranzo. Chi va a lavorare di mattina, al ritorno si occupa della cena. Qualcun altro si occupa della spesa, tutti mettono in comune i soldi necessari per il cibo e gli altri acquisti collettivi.
(Quarantenne, Romina Pasquini lavora in fabbrica. Annuncia che non lascerà Visso: «Questo è il mio paese») foto ©Flavia Amabile
«Dopo un anno è diventato pesante per tutti non avere uno spazio proprio che non sia il vano della roulotte ma che altro potremmo fare?», racconta Alessandro Morani. Se non avessimo dei locali e delle spese in comune non riusciremmo a sopravvivere. Ho riaperto lo scorso dicembre a mie spese il negozio di cellulari che avevo prima del terremoto. Non potrei dire però che lavoro, ho un calo del 75% rispetto all’attività precedente e secondo il governo dovrei anche pagare le tasse. E’ una follia».
Le Sae sono in costruzione, a Visso i cantieri sono aperti ma il cammino è stato un difficile slalom tra burocrazia, inadeguatezza, incapacità di gestire una tragedia di proporzioni così ampie e ora anche di una campagna elettorale che corre il rischio di inasprire i toni e di paralizzare ulteriormente le attività dietro un infinito scaricabarile di responsabilità. I ritardi sono evidenti soprattutto nelle Marche dove sono state consegnate 250 Sae su un totale di 1521. Arcale, il consorzio che ha vinto l’appalto dà la colpa alla Regione per la consegna delle aree mentre la Regione risponde di aver rispettato le scadenze e sottolinea la carenza di personale delle ditte al lavoro. Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha voluto portare alle persone della zona il segno della sua attenzione in una visita che ha toccato zone in grave difficoltà come Castelsantangelo sul Nera e ha deciso di fermarsi anche a Visso nonostante non fosse tra le tappe della visita. Un segno di attenzione che gli abitanti hanno gradito anche se sanno che le decisioni arriveranno dal Parlamento, dalla Regione e non dal Quirinale.
(Nonostante da un anno viva in un camper a Ussita, Patrizia Vita è sicura: «Resto qui e supererò anche questo inverno») foto ©Flavia Amabile
Se tutto procederà senza ostacoli, a Visso le prime casette verranno consegnate a fine mese, le altre in un momento imprecisato dopo Natale. «Hanno perso tempo durante l’estate, quando il clima permetteva di lavorare senza interruzioni. Ora andiamo incontro alla pioggia, la neve, il gelo, i lavori non possono che procedere ancora più lentamente», spiega Patrizia Vita, che da un anno vive in camper a Ussita, un altro dei paesi dei Monti Sibillini distrutti dal terremoto. «Ci prepariamo al secondo inverno qui ma non ho alcuna intenzione di andare via. Anzi. Sempre di più sono convinta, resto qui».
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