Montevarchi, «pane e olio ai bimbi che non pagano la mensa». E i «morosi» passano da 1738 a 8
Di questi tempi la «fettunta», tradotto dal toscano la bruschetta, è una delle regine della tavola e con l’olio nuovo, quello di frantoio denso e verdissimo, si organizzano sagre, assaggi e manifestazioni varie. Il problema è che stavolta la «fettunta» è diventata l’incubo per quasi duemila genitori che a Montevarchi (Arezzo) non pagano le mense scolastiche. E i loro figli rischiano di mangiare pane e olio in sostituzione del pasto studiato da nutrizionisti e pediatri. Il provvedimento, preso dalla giunta di centrodestra e entrato in vigore lunedì scorso, ha avuto un risultato confortante per le casse del municipio perché, come ha spiegato il sindaco Silvia Chiassai, il numero dei genitori morosi, 1.738 per l’esattezza, ieri si è ridotto ad otto.
Ma la decisione ha suscitato un vespaio di polemiche. Già, perché obbligare alcuni alunni a non consumare un pasto equilibrato e adeguato allo loro età per le colpe dei genitori, non fa solo male al corpo ma pure alla psiche. «È una discriminazione, un’intollerabile nemesi storica», hanno detto a gran voce pedagogisti, insegnanti, cittadini e rappresentanti di alcuni partiti. Il caso è infatti diventato politico con un’interrogazione di alcuni parlamentari del Pd e, a livello regionale, della vicepresidente del Consiglio regionale della Toscana, Lucia De Robertis, anche lei dem. Tutti hanno chiesto il ritiro del provvedimento perché le colpe dei padri non possono ricadere sui figli e comunque ci sono altri mezzi per far pagare gli eventuali furbetti della mensa. La sindaca Silvia Chiassai si è difesa sciorinando numeri. «Ho trovato una voragine da 500 mila euro nel bilancio per le morosità di mense e trasporti per la stragrande maggioranza da famiglie non in difficoltà economiche», ha detto. Spiegando poi che nessun bambino è rimasto o rimarrà senza mangiare perché sono stati decisi due mesi di tolleranza.