Altro che aria di larghe intese Silvio lontanissimo da Matteo
Anche ben prima dei giorni del Nazareno la questione è stata trattata e dibattuta centinaia di volte, ricevendo risposte di tutti i tipi: seriose, ragionate, canzonatorie, spesso anche parodistiche.
Una delle più virali, per dire, era l’immagine di Silvio Berlusconi-Darth Vader che si confessa a Matteo Renzi-Luke Skywalker: «Sono tuo padre!». D’altra parte, i due hanno un approccio per molti versi simile alla politica (e soprattutto alla comunicazione) che non è strano siano stati raccontati come una sorta di «gemelli diversi». Per l’occasione sono stati coniati anche alcuni neologismi, da «Berlusclone» al più fortunato «Renzusconi». Finché non è arrivato il patto del Nazareno a dare una sorta di ufficialità a quello che fino ad allora era qualcosa a metà tra l’indiscrezione e il pettegolezzo.
Era il gennaio del 2014 e di acqua sotto i ponti ne è passata così tanta che oggi i due sembrano lontani anni luce. Non solo dai tempi del Nazareno, ma anche tra di loro. L’approccio all’imminente campagna elettorale, infatti, è diametralmente opposto. Renzi ha scelto una linea paragrillina, strizzando l’occhio al populismo e soffiando sul fuoco dell’anticasta. L’obiettivo è quello di respingere il principale addebito che gli fa l’elettorato, sia quello dem che quello per così dire «di centro». I sondaggi riservati commissionati dal Pd, infatti, sono stati impietosi su un punto: Renzi e il suo «giglio magico» (prima fra tutti Maria Elena Boschi) vengono percepiti come «amici» delle banche e «nemici» dei risparmiatori. Insomma, gli strascichi del caso Banca Etruria restano ancora oggi una macchia indelebile. Così, pur di uscire dal cul-de-sac, il segretario del Pd ha deciso di picconare non solo la Banca d’Italia ma pure la Consob, mettendo sul banco degli imputati l’attuale governatore Ignazio Visco ma pure il suo predecessore Mario Draghi. Affondi a ripetizione quelli di Renzi (che ieri ha ribadito il concetto con una lettera a La Stampa), così duri da irritare perfino il Quirinale. Come era prevedibile, infatti, Sergio Mattarella non ha affatto gradito che un ex premier mettesse in discussione l’autorevolezza dell’attuale presidente della Bce.
Berlusconi, dal canto suo, ha invece scelto un approccio completamente diverso. Già da tempo si sta proponendo come l’alternativa all’avanzata dei Cinque stelle e le recenti elezioni in Sicilia lo hanno in qualche modo rafforzato in questo ruolo. Che, peraltro, gli ha riconosciuto anche Angela Merkel a nome del Ppe, nella speranza che il Cavaliere possa contribuire in Italia a frenare l’onda populista che si sta riversando sull’Europa. Di qui, il Berlusconi che sulle banche preferisce toni prudenti perché «non bisogna trasformare in un argomento di campagna elettorale un tema tanto delicato» e che difende Draghi. «Coinvolgerlo – dice in un’intervista a Qn – è davvero da irresponsabili. È l’uomo che con le sue politiche ha contribuito a stabilizzare l’economia italiana e probabilmente ha salvato l’euro in questi anni». L’ex premier, insomma, ha scelto di puntare su un approccio rassicurante e di esperienza, lasciando agli altri – M5s e Renzi – i toni gridati.
IL GIORNALE