Mps, sette domande per sette segreti
Oggi la commissione d’inchiesta sulle banche apre l’«armadio» del caso Monte dei Paschi. Si comincia con i magistrati milanesi Stefano Civardi e Giordano Baggio che indagano sul dissesto della banca senese, seguirà l’Ufficio di presidenza allargato a tutti i rappresentanti dei gruppi che dovranno stilare la lista di testimoni da ascoltare.
Al centro del ring, le responsabilità dell’origine del disastro di Mps: l’acquisto di Antonveneta, annunciato l’8 novembre del 2007 e costato 17 miliardi. Il finanziamento dell’operazione ha minato le fondamenta della banca. Per svelare i lati oscuri di una crisi lunga dieci anni basterebbe porre 7 domande ad altrettanti protagonisti della vicenda.
Partiamo dalla Vigilanza. Tema delicato perchè ai tempi di Antonveneta il comando di Bankitalia era nelle mani di Mario Draghi, oggi al vertice della Bce. L’ufficio di presidenza dell’organismo d’inchiesta sta valutando se ci sono le condizioni giuridiche per chiamarlo in audizione considerando anche l’immunità garantita dal trattato di Maastricht ai governatori centrali. La prima domanda, dunque è per Ignazio Visco e per il presidente della Consob, Giuseppe Vegas: ci sono state divergenze fra le due autorità, Bankitalia a salvaguardia della stabilità di quella che era la terza banca italiana e Consob a tutela della trasparenza?
È difficile che gli ex Giuseppe Mussari e Antonio Vigni, rispettivamente presidente e dg del Monte al momento dell’acquisto di Antonveneta, possano fornire dettagli aggiuntivi rispetto a quelli emersi dalle udienze ancora in corso al tribunale di Milano sul processo ai derivati Santorini e Alexandria serviti per finanziare l’operazione. Più interessanti le testimonianze di Alessandro Profumo (oggi al vertice di Leonardo), e Fabrizio Viola (ora commissario liquidatore di Veneto Banca e Pop Vicenza). Al primo la Commissione dovrebbe chiedere: perchè nel 2013 si oppose alla nazionalizzazione di Mps? Terza domanda a entrambi: perchè non hanno provveduto a una svalutazione totale delle perdite fin da subito dopo l’approvazione dell’ultimo bilancio della gestione Mussari? Quarta domanda per Gabriello Mancini, ex presidente della Fondazione Mps: chi decise di far sottoscrivere all’ente senese il prestito Fresh da 1 miliardo per finanziare Antonveneta?
Anche i funzionari del Tesoro potrebbe offrire spunti interessanti. A cominciare dagli ex: Vittorio Grilli, direttore generale del ministero ai tempi del blitz su Padova, e Fabrizio Saccomanni (oggi presidente in pectore di Unicredit), già ascoltato dai pm nell’inchiesta Antonveneta perchè, allora, direttore generale di Bankitalia. Grilli dal 2014 è il punto di riferimento in Italia di Jp Morgan, regista del prestito Fresh nel 2008 ma anche advisor della soluzione alternativa al salvataggio pubblico a metà del 2016 in tandem con Mediobanca, poi non andata in porto. La quinta domanda per Grilli: Jp Morgan ha chiesto al Tesoro di defenestrare l’ad Viola? Qualche informazione utile può arrivare anche dai funzionari attuali, il sottosegretario Pierpaolo Baretta e Fabrizio Pagani, capo della segreteria tecnica del Mef, che avevano seguito in prima linea il tentativo di salvare Mps sul mercato: il Tesoro ha delle responsabilità nel fallimento del piano privato di Mps?
La settimana e ultima domanda la lasciamo per Luca Lotti, attuale ministro dello Sport: è vero che il 3 novembre 2014 ha partecipato a una riunione con il sindaco di Siena, il governatore della Toscana e i rappresentanti locali del Pd prendendo posizione contro la possibile aggregazione di Mps con altre banche? E che poi l’11 dicembre incontrò anche Profumo e Viola?
IL GIORNALE