“Contro di me un diktat politico. Ora la Rai faccia autocritica”
Milano – Allora, Giletti, Non è l’Arena è stato un successo. Che goduria ha provato nel leggere quei dati di ascolto: 8,9 per cento di share, numeri altissimi per La7?
«Un esito oltre ogni nostra aspettativa. Però voglio prima di tutto sottolineare che è stato il risultato di un grande lavoro della mia squadra che ha avuto il coraggio di lasciare la Rai e di tutta La7 che mi ha supportato in ogni modo».
È riuscito a mettere in atto la sua vendetta: riportare in vita L’Arena, e con ottimi ascolti, dopo che la tv di Stato aveva deciso di cancellarla…
«Io non volevo vendicarmi. Volevo solo continuare a fare il giornalista e non lo showman, come mi avevano proposto. Però, se sono riuscito a fare questi risultati in prima serata su La7 con un budget molto inferiore a quello che avevo a disposizione su Raiuno, qualcuno deve fare un esame di coscienza».
Questo qualcuno ha un nome e cognome, Mario Orfeo, direttore generale della Rai…
«Infatti io non ho nulla contro l’azienda in cui ho lavorato per trent’anni. Ce l’ho solo con quella persona che ha deciso di mettermi nelle condizioni di andare via proponendomi di fare il presentatore degli show del sabato sera, come Pippo Baudo, chiudendo un programma che alla domenica pomeriggio era visto da quattro milioni di persone».
E, ancora, questa cosa la fa soffrire..
«È una ferita che resterà aperta per molto tempo. In questo momento provo un misto di gioia per il successo, di fatica per il grande lavoro, ma ancora tanta amarezza per una decisione che non riesco ancora a spiegarmi. Anche se capisco benissimo che le responsabilità vanno ricercate in ambienti politici superiori a quello della direzione generale della Rai».
Non le è apparso strano che, proprio nel giorno del confronto tra lei e Fazio, ci sia stato un guasto Auditel e i risultati d’ascolto siano stati comunicati con grande ritardo, a fine pomeriggio invece che di mattina?
«Mi pare talmente strano che, secondo me, qualcuno dovrebbe capire meglio quanto è successo. Anche perché stranamente Che tempo che fa non è sceso sotto il 14 per cento nonostante la forte concorrenza nostra e di altri canali».
Che cosa le ha detto Urbano Cairo, il patron de La7?
«La sua telefonata è stata come un forte abbraccio. Abbiamo costruito fin dall’inizio un rapporto duro, tosto ma onesto. Lui ha capito che con me poteva dare una svolta alla sua rete introducendo un concetto di tv diverso da quello degli altri talk».
L’ha chiamata qualcuno dalla Rai?
«Devo dire che mi ha fatto molto piacere la telefonata di Antonella Clerici. E, ovviamente, quella di Fiorello che è stato così gentile con me da mandarmi anche il contributo video che abbiamo fatto vedere all’inizio della puntata».
Ma secondo lei cosa ha più interessato gli spettatori: lo scoop dell’arresto di Giancarlo Tulliani o i servizi sui vitalizi d’oro ai politici?
«Ha giocato molto l’attesa che si era creata intorno alla trasmissione, dopo quello che ha fatto la Rai, chiudendo l’Arena. Se ne è parlato tanto e la gente voleva vedere cosa avrei combinato. Poi devo dire che La7 si è spesa tanto per sponsorizzare il programma».
Dunque, ora comincia la strada in salita: mantenere quel risultato di share è davvero complicato, anche perché non sempre si ha la «fortuna» di incontrare un latitante (Tulliani) che, per far arrestare dei giornalisti, finisce in galera lui.
«Infatti ora il mio pensiero va a domenica prossima. E, vedremo in base a quanto raccoglieremo, se continuare ad occuparci dell’affaire Montecarlo».
IL GIORNALE