La rivincita dei pendolari: ferrovie battute con le class action
Dopo anni di rincari del biglietto del treno, finalmente arriverà una sforbiciata sulle tratte sovraregionali, quelle cioè che collegano centri di regioni diverse. Un’inversione di tendenza che fa parte di una più vasta mobilitazione contro raffiche di ritardi, disagi, disservizi, tratte a singhiozzo e costi ingiustamente sostenuti.
Il merito è di quei pendolari testardi che non hanno creduto ai calcoli dettati da un algoritmo, che definiva il prezzo dei biglietti penalizzando le tratte interregionali. Ma questa è solo una delle tante battaglie intraprese da comitati e associazioni di consumatori per ottenere di viaggiare in treno in modo più decoroso ed efficiente. E più in generale per avere voce in capitolo, entrando a gamba tesa nelle trattative tra le Regioni, da un lato, e gli operatori ferroviari, dall’altro.
I conteggi sbagliati
Un risveglio che negli ultimi anni ha prodotto una miriade di proteste e richieste che, quando necessario, sono arrivate fino in tribunale. Un lavoro spesso sotterraneo che recentemente ha iniziato a incassare dei risultati. La battaglia sull’algoritmo è stato uno di questi. Dal primo ottobre è infatti cambiato il modo in cui sono calcolate le tariffe sovraregionali, cioè quei treni che attraversano diverse regioni (non Alta velocità): una modifica che comporterà una riduzione dei prezzi degli abbonamenti per oltre il 90% dei passeggeri. Siccome però, a causa dei tempi di adeguamento del sistema informativo di Trenitalia, la nuova tariffa sarà materialmente in vigore solo dall’aprile 2018, per quest’anno i titolari di abbonamento matureranno il diritto a un rimborso.
Ma come si è arrivati fino a qui? Il problema nasceva dal fatto che l’algoritmo di calcolo delle tariffe abolito il primo ottobre faceva sì che gli utenti di tratte sovraregionali pagassero di più rispetto alle regionali, a parità di altre condizioni. «Un pendolare Torino-Milano pagava una cifra spropositata rispetto a un altro pendolare torinese che faceva la stessa quantità di chilometri all’interno della sua regione. Dal 2012 in avanti questa distorsione ha prodotto importi superiori fino a 30 euro al mese per gli abbonati sovraregionali», spiega a La Stampa Furio Truzzi, presidente di Assoutenti. Una «vittoria storica», che coinvolge oltre 75 mila abbonamenti e 65 mila tratte. E che è partita proprio dalle perplessità di un pendolare, Enrico Pallavicini, assiduo frequentatore della linea Genova-Milano.
Dopo aver accumulato, suo malgrado, una formidabile cultura ferroviaria, si è infatti accorto che quanto pagava per i suoi 150 chilometri era ben più caro di un’equivalente tratta regionale. «Il problema era che l’algoritmo veniva applicato male, a causa delle tariffe decise dalle Regioni. Era il 2015 e da allora è iniziata una trafila di incontri con Trenitalia e gli enti locali», aggiunge Truzzi. Finché il Coordinamento delle Regioni non ha accolto la richieste delle associazioni di consumatori e pendolari. Rimane un problema sul pregresso, cioè su quanto sborsato in più dagli abbonati fra il 2012 e il 2017. «Su questo le Regioni non ne vogliono sapere, e noi abbiamo chiesto a Trenitalia di avviare una procedura di reclamo e conciliazione: la trattativa è in corso», spiega Truzzi. Già questo mese si dovrebbe sapere qualcosa, anche se Trenitalia non ha rilasciato commenti al riguardo. Su un altro fronte, sempre ad ottobre, diverse centinaia di abbonati lombardi hanno ricevuto una bella notizia: una mail che li avvisava di un assegno circolare di 100 euro da riscuotere.
Sono state definite, infatti, le modalità di pagamento scaturite dall’esito di una class action in cui Trenord, operatore del servizio ferroviario in Lombardia, è stata condannata a un risarcimento di 300 mila euro per i disagi subiti dai pendolari nel lontano dicembre 2012. Due settimane di treni cancellati, ritardi, mancate comunicazioni e disservizi nati dal malfunzionamento di un software. Ai circa tremila aderenti alla class action spettano ora 100 euro a testa, oltre agli indennizzi automatici già versati. «In materia di trasporto è la prima class action nel settore dei pendolari che arriva alla fine portando a casa un risultato utile per un numero elevato di consumatori», commenta Paolo Martinello, avvocato di Altroconsumo, l’associazione che ha promosso l’azione legale. Non senza difficoltà: l’ostacolo principale sta nella raccolta delle adesioni, in cui gli utenti devono farsi avanti e compilare dei moduli.
Ma quanto può costituire un precedente? «Può valere nei casi in cui i disagi e le inefficienze superino una normale soglia di tollerabilità», sottolinea Martinello. «Occorre che ci siano fatti eccezionali, soprattutto se è già previsto da contratto un indennizzo automatico; inoltre devono essere situazioni non dettate da cause di forza maggiore, bensì dalla disorganizzazione dell’azienda». Prima però di arrivare ai tribunali, l’ideale sarebbe avere standard più elevati di qualità nelle attuali condizioni contrattuali, in modo da prevedere più facilmente indennizzi automatici. Il problema è che oggi tali condizioni variano da regione a regione. «Col risultato che il consumatore avrà diritti diversi a seconda di dove viaggia», commenta Martinello. Il rischio dunque è un’Italia ferroviaria a doppio binario: da una lato le aree più virtuose, soprattutto al Nord, e l’alta velocità; dall’altro buona parte del Sud, e più in generale il trasporto regionale e interregionale.
C’è poi la questione che molti degli investimenti fatti negli ultimi tempi riguardano soprattutto il materiale rotabile, treni nuovi insomma, che sostituiranno vecchi convogli. Una partita tutt’altro che conclusa, Da qui ai prossimi cinque anni, infatti, sono previsti circa 400 nuovi treni regionali, secondo dati del ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti. Tuttavia, come notano le associazioni dei consumatori, i pendolari e gli ambientalisti, gran parte dei problemi stanno nella scarsa frequenza delle corse; nella lentezza dei viaggi; nella puntualità; nella qualità del servizio, che comprende caratteristiche come la pulizia dei convogli, una corretta climatizzazione e lo spazio a sedere. Investimenti e ridefinizione dei livelli delle prestazioni offerte alla clientela. I numeri parlano chiaro: dal 2009 al 2016 si è registrata una riduzione del 19% delle risorse statali dedicate al trasporto regionale, riferisce l’ultimo rapporto Pendolaria di Legambiente.
Al contrario, i passeggeri sono aumentati dell’8%. Nel contempo, le tariffe aumentavano, con punte del 47% in Piemonte, 41 in Liguria, 36 in Campania. Spesso ciò avveniva «a fronte di un servizio che non ha avuto alcun miglioramento», sostiene lo studio. «È vero che arriveranno nuovi treni, ma questi non si aggiungono a quelli di prima. E il problema è che ce ne sono meno anche rispetto al passato», afferma Edoardo Zanchini, vicepresidente di Legambiente. «Stipulando un contratto di servizio con i gestori, come Trenitalia, in cui una parte delle risorse disponibili sono messe sul rinnovo del parco circolante, si rischia di non potenziare o migliorare il servizio».
Eppure, dove si investe nella qualità del trasporto ferroviario, i pendolari aumentano. Con riduzione del traffico automobilistico e dell’inquinamento. Per Legambiente, che riconosce al ministro dei Trasporti Del Rio di aver iniziato un cambio di rotta, la sfida è raddoppiare entro il 2030 il numero di persone che ogni giorno in Italia prendono treni regionali e metropolitane, portandoli da 5,5 a 10 milioni. Mentre si sogna in grande, però, i comitati locali si ritrovano a lottare con le unghie e con i denti per un paio di treni in più.
O per non perdere ulteriori, preziosi minuti su tratte che vanno già a rilento. Proprio nei giorni scorsi ad Acqui Terme si è svolto uno storico incontro tra i comitati pendolari e gli assessori ai trasporti di Piemonte e Liguria. Quella tra Acqui e Genova è infatti una delle dieci peggiori linee ferroviarie italiane secondo Pendolaria: 46 km di binario unico su 63, velocità sui 60 km all’ora quando va bene, ritardi cronici, tagli alle corse, disagi. E l’odiata sostituzione del trasporto su rotaia coi bus nei mesi estivi. «Non ci facciamo impressionare dai contratti coi treni nuovi perché ci concentriamo soprattutto su qualità e velocità del servizio», puntualizza Manuela Delorenzi, membro del battagliero comitato pendolari Acqui Terme-Genova, 1600 iscritti su Facebook. Lei, che vive ad Acqui e lavora nel capoluogo ligure, ogni giorno si fa tre ore di treno per fare avanti e indietro. «Spesso al freddo. I ritardi sono frequenti. Ci sono buchi negli orari delle corse. E i treni vanno piano, anche perché è una linea vecchia».
Abbonati svantaggiati
Alcuni dei problemi sono infrastrutturali, ma i pendolari vorrebbero avere voce in capitolo almeno sui contratti con gli operatori, sui parametri di qualità del servizio, sui controlli e le penali. La capienza dei treni, il numero di posti, il fatto di non dover viaggiare in piedi è una delle lamentele ricorrenti. Tanto che il comitato pendolari bergamaschi si è sollevato per la recente reintroduzione della prima classe sui regionali Bergamo-Milano. «Che sulla nostra tratta non ha senso.
Così facendo i treni restano pienissimi, e le aree di prima vuote, dato che chi ha l’abbonamento non può usufruirne», avverte Stefano Lorenzi, membro attivo del comitato. Cambiando area e tipo di battaglia, a fine ottobre, in Toscana, il comitato pendolari Valdarno Direttissima ha invece chiesto a gran voce il ritiro di una circolare interna di Rete Ferroviaria Italiana, secondo la quale regionali e Intercity sulla linea Firenze-Roma dovrebbero dare la precedenza ai treni dell’alta velocità qualora questi siano in ritardo di oltre cinque minuti. «Tale pratica, che noi chiamiamo degli inchini, esiste da tempo. Ma quella circolare la ufficializza e porterà a ulteriori disagi per noi», osserva il portavoce del comitato, Maurizio Da Re. E poi, c’è pure chi si è fatto la sua applicazione per monitorare proprio i ritardi. «Ci siamo sviluppati un software che scarica i dati certificati di Trenitalia, così facciamo i nostri controlli», evidenzia Pietro Fargnoli, presidente dell’associazione Roma-Cassino Express, che da anni chiede di agganciarsi alla linea dell’alta velocità.
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