Di Battista, ipotesi Campidoglio se Raggi verrà condannata

Federico capurso, ilario lombardo
roma
 

«Di Battista? Lui può fare quello che vuole, che più gli va». Così sta rispondendo Beppe Grillo a chi gli domanda delle sorti del figliolo più amato dalla gente grillina, sicuro che sarà ancor più prodigo al suo ritorno. Cosa farà Dibba – nomignolo brand con cui tutti ormai lo conoscono – è una questione che si stanno ponendo in tanti tra i 5 Stelle, perché sembra quasi impensabile non vederlo in azione tra piazza, Parlamento e tv. Lui, con il volto di chi si sente più leggero, dopo aver annunciato che non si ricandiderà, scaccia con un sorriso le voci di chi dice che è già pronto a prendere il posto di Luigi Di Maio come candidato premier se a queste elezioni il M5S non dovesse incassare il tagliando vincente per Palazzo Chigi.

 Ma non è l’unica ipotesi che nella sartoria dei destini pentastellati stanno cucendo addosso a Di Battista. Un’altra, che proviene dai vertici e passa dal Campidoglio, condivisa dalla candidata alla Regione Lazio e sua amica Roberta Lombardi, immagina il deputato-star al posto di Virginia Raggi nel caso in cui la sua vicenda giudiziaria dovesse mettersi male. La sindaca andrà in udienza il 9 gennaio, dopo qualche settimana potrebbe esserci il rinvio a giudizio. E se a questo seguirà una condanna, la dimissioni diventeranno d’obbligo per i 5 Stelle. A quel punto potrebbe rientrare in scena Di Battista, per tentare di riprendersi la Capitale e proseguire il lavoro appena iniziato dai grillini.

«Chiunque sarebbe felice di averlo al proprio fianco» ci conferma non a caso Marcello De Vito, presidente dell’assemblea in Campidoglio, considerato uomo di fiducia di Lombardi e da sempre antagonista di Raggi. Perché, comunque vadano le cose, anche solo come supporto mediatico, se il Raggigate dovesse precipitare, Dibba scenderà a fianco di chi avrà bisogno del suo carisma.

 

In un eventuale governo Di Maio, invece, Di Battista non ci sarà. Sarebbe stata una delle prime scelte del candidato premier, agli Esteri o alla Difesa, ma la sua decisione di andare per il mondo ha cambiato le cose. Lo ammette lo stesso Di Maio mentre aspetta di entrare per presiedere l’aula di Montecitorio: «Ha detto lui che dopo l’estate partirà…». Fino ad allora, aggiunge, «Alessandro sarà comunque al mio fianco in campagna elettorale. Non mi sentirò orfano, insomma». È vero, Di Battista nell’annunciare l’addio (o l’arrivederci) alla Camera, ha promesso che continuerà il suo viaggio elettorale per l’Italia. Comincerà subito, con il «Question time on the road», prime tappe in Liguria, per raccontare il programma del M5S e chiedere una mano ai sostenitori perché, spiega, «ce la possiamo fare ad andare al governo se venite con noi». Poi c’è il nuovo libro, che uscirà domani per Rizzoli. Meglio liberi. Lettera a mio figlio sul coraggio di cambiare, un titolo che è la sua dichiarazione d’intenti: «Sì, è così. Ora mi sento libero di fare quello che più mi piace. La politica si può fare anche fuori dal palazzo senza per forza essere imbullonati alle poltrone».

 

Di certo farà quello che sa fare meglio. Perché del palazzo Dibba non ama ritmi e rituali: «Si sveglia troppo tardi» ricordano un po’ scherzando un po’ no nello staff della Camera, e non ha mai avuto tutta questa passione per la parte legislativa del lavoro da deputato. Ma la perdita in Parlamento si sentirà, assicura Angelo Tofalo e lo spiega con un esempio: «Quando mi sono alzato in aula per intervenire sulla morte di Giulio Regeni, nessuno mi ha calcolato. Ha parlato Di Battista e hanno battuto dieci agenzie su di noi». «Dibba è Dibba», dice Ivan Della Valle, altro deputato che non si ricandiderà, ma nel suo caso per aver già consumato i due mandati a disposizione: «Alessandro sarà come Beppe Grillo. Anche lui non è in Parlamento, ma ogni sua parola viene ascoltata, eccome».

LA STAMPA

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