Strasburgo decide su Berlusconi. Le manovre dei popolari europei

ugo magri
roma
 

Non dovrà aspettare 6 mesi o un anno, Silvio Berlusconi, per captare che aria tira. La sentenza di Strasburgo richiederà tempi lunghi, è vero, ma lui ne conoscerà la sostanza stasera o al massimo nei prossimi giorni, in via riservata. Sarà sufficiente che dal Palazzo dei Diritti Umani qualche “gola profonda” gli faccia arrivare l’esito della prima fondamentale riunione in camera di consiglio della Grand Chambre: quella prevista nel pomeriggio, quando a turno ciascuno dei 17 giudici dirà se fu giusto o sbagliato applicare al Cav la legge Severino, con conseguente espulsione dal Senato e divieto di ricandidarsi fino al 1° agosto 2019, nonché di ricoprire cariche nel governo. La maggioranza orienterà il verdetto finale.

 Di regola alla Corte regna il segreto. La composizione del collegio giudicante viene comunicata con pochi giorni di anticipo, e il nome del relatore resta formalmente ignoto per tenerlo al riparo dalle pressioni. Ma stavolta la posta in gioco è troppo importante. Berlusconi appartiene a una famiglia politica, i Popolari europei, che non può permettersi di perdere colpi, specie con la Merkel in difficoltà. Per Silvio fanno il tifo molte cancellerie, dove lo considerano un argine ai populisti. Perfino Matteo Renzi si augura che «permettano a Berlusconi di candidarsi, in quanto vorrei sfidarlo nel collegio 1 di Milano, lui contro di me». E per quanto la Grand Chambre si sforzi di apparire un tribunale rigoroso, con i giudici che si presentano alle udienze tutti intabarrati nelle toghe e preceduti da uno stentoreo «la Court!», in realtà certe decisioni passano prima dalla politica e poi dal diritto. Se non altro perché i componenti sono suggeriti dai vari governi. Ne sceglie uno per paese l’assemblea del Consiglio d’Europa, sulla base di terne. Il rappresentante italiano (Guido Raimondi, che della Corte è anche il presidente) venne indicato proprio da Berlusconi nel 2010. Con eleganza ha scelto di astenersi cosicché al suo posto si pronuncerà un’esperta di diritto internazionale, Ida Caracciolo.

 

 

Corrono in queste ore le voci più disparate, di giudici dell’Est mobilitati a favore dell’ex premier. Grande lavoro di lobbying dietro le quinte, mentre sul palco si affrontano gli avvocati. Il team berlusconiano è composto da specialisti come Giulio Nascimbene, Andrea Saccucci e Edward Fitzgerald (dello stesso studio londinese dove esercita Amal, consorte di George Cooney). Insieme con Franco Coppi e Niccolò Ghedini, illustreranno i perché del ricorso nella pubblica udienza fissata alle 9 e un quarto, sostenendo che fu gravemente scorretto applicare la Severino a una frode fiscale (per cui Berlusconi venne condannato) commessa prima dell’entrata in vigore della legge suddetta. I rappresentanti del governo in carica (Giuliana Civinini e Paola Accado) argomenteranno invece che fu giusto così, sventolando le conclusioni cui sono giunti gli esperti del Consiglio d’Europa.

E Berlusconi, come la sta vivendo? Scettico in privato, sicuro di sé davanti ai microfoni di “Matrix”: «Indipendentemente dalla sentenza, io sarò in campo», promette. Attenderà notizie a Merano, nella solita clinica della salute.

LA STAMPA

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