Cura dimagrante e beauty farm. L’attesa di Silvio all’insegna del relax

alberto mattioli
INVIATO A MERANO (BOLZANO)

Dopo Sissi, Silvio. Piccola, tranquilla e chic, Merano è l’ultima arrivata nella geografia berlusconiana. E forse c’è un recondito significato se l’ex Cav ha deciso di seguire dalla meno italiana delle città italiane il dibattimento di Strasburgo, dove i suoi guai giudiziari sono diventati un caso di diritto internazionale.

 Berlusconi è solo l’ultima celebrità nel carnet del Palace Hotel, lussuosissimo albergone fuori dipinto nel tipico giallino absburgico e dentro pieno di famosi e non (ma comunque danarosi: per sei giorni di «cura detox» si parte da un minimo di 3640 euro) che deambulano da un massaggio a un chek up in accappatoio e pantofole. Qui officia il mago del benessere Henri Chenot: per lui, l’attuale Silvio dimagrito e ringiovanito è uno spot vivente. Quanto a Berlusconi, con Merano è stato subito amore a prima dieta: e, pare, anche ricambiato. Quest’estate, si è concesso shopping, selfie, battute e insomma tutto il solito copione strappapplausi e magari pure voti: mangiò perfino un trancio di pizza al taglio in via Portici (non proprio un piatto tipico sudtirolese, ma insomma…). Ieri purtroppo non ha fatto il bis, impegnato com’era nelle telefonate da e per Strasburgo. Magari l’ostensione sarà oggi, quando aprirà l’attesissimo mercatino di Natale.

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Però Merano, che gli aveva «suggerito» il solito Gianni Letta, gli piace davvero molto. Ci ha trovato un dentista di fiducia, che gli sta ristrutturando pure il sorriso. E in città si era sparsa la voce che volesse comprarsi qui l’ennesima villa. «Di certo so che gliene hanno offerte diverse», racconta Michaela Biancofiore, la sua plenipotenziaria per l’Alto Adige e più berlusconiana di Berlusconi. «Chenot non aveva certo bisogno di pubblicità, ma da quando viene Berlusconi anche Merano è più famosa. Gliel’avevo sempre detto, che per rilassarsi non c’è niente di meglio dell’Alto Adige».

 

Diete a parte, la città ha anche un altro vantaggio. La beauty farm di Chenot è di una discrezione assoluta, molto apprezzata dai vip; ma anche i vip lasciano respirare Berlusconi. «Qui può girare abbastanza tranquillo. Perfino Belen se l’è cavata con un paio di selfie», giura l’edicolante Antonella, manco a dirlo «berlusconiana dal ‘94. Ma a differenza di altri, io non ho mai tradito». Ai suoi occhi, il Silvio nazionale ha anche il merito di «privilegiare i negozi con il nome italiano».

 

Qui bisogna fare dei distinguo. Nel senso che, dicono, la metà tedesca della cittadinanza di Berlusconi si infischia abbastanza, e poco male perché tanto vota per la Svp; quella italiana, invece, pare apprezzare. Ironia della sorte, la Forza Italia locale, lacerata da scismi e diaspore, in Comune non ha nemmeno un consigliere. Un ex cacicco si è fatto una lista civica che appoggia il sindaco, Paul Roesch, civico anche lui ma collegato ai Verdi (sì, qui esistono ancora). Incassati i complimenti perché la città è così pulita che sembra appena uscita dalla candeggina, Roesch, forse perché di madrelingua tedesca, forse perché di centrosinistra, non si mostra troppo entusiasta: «Berlusconi? Sì, ci fa piacere che venga. Ma noi siamo da sempre abituati alle celebrità. No, io non l’ho ancora incontrato, però – e qui la voce si anima – quest’estate ho giocato a calcio con Zidane!». Sono le tipiche contraddizioni di questi posti dalla doppia nazionalità. Del resto, l’albergo dove Berlusconi dimagrisce sta in Cavourstrasse ma si affaccia sui giardini Elisabetta (con tanto di statua), cioè Sissi. I due fronti del Risorgimento in due metri.

LA STAMPA

 

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