Milano, la cupola della cocaina da corso Como alle feste private

Pregiudicato, Sascia Miranda aveva addosso 39 dosi preconfezionate di cocaina e 970 euro: considerate queste inequivocabili premesse, mettere agli atti il suo arresto non ha richiesto molto tempo ai poliziotti. Questione al più di minuti. Che sono però «bastati» per far arrivare sul suo cellulare 162 telefonate da parte di clienti in cerca della «roba». Miranda, 26 anni, è uno degli undici catturati da luglio dal commissariato Scalo Romana.

Quelle dosi in cassaforte

Una «cupola» della droga, che il Corriere è in grado di ricostruire, creata tra Gratosoglio e Rozzano ma non limitata come raggio d’azione e sbocco conclusivo alla periferia e all’hinterland. Lì certo c’erano i covi; però l’obiettivo era il centro città. Gli ordini d’acquisto arrivavano dai locali di corso Como e dalle case per feste private. Il lavoro degli investigatori diretti dal vicequestore Angelo De Simone è il risultato, l’ennesimo, della bontà del metodo classico d’indagine, che non può rinunciare al controllo del territorio, al confronto con le fonti, allo studio degli equilibri e dei movimenti della criminalità. I primi due ammanettati, Natalina Romana Mauri ed Eugenio Schiavulli, di 52 e 49 anni, con precedenti, sono stati un premio alla pazienza. Girava «voce» d’una nuova attività di spaccio in alcune zone di Rozzano. Si è proceduto a uno «screening» dei quartieri e dei suoi residenti più pericolosi, e nella fase successiva, ad appostamenti e pedinamenti. Mauri e Schiavulli custodivano cocaina in un’abitazione di via Lillà, dove i giorni successivi è stato notato un ragazzo girare con insistenza a bordo di uno scooter della Honda. L’hanno bloccato e lui, Nicolas Gabriel Castellano, 22enne argentino, teneva in una tasca 17 dosi e nell’altra un mazzo di chiavi compresa quella di una cassaforte. Nella cassaforte, nascosta in una casa popolare in via delle Genziane, sempre a Rozzano, c’erano cento grammi di cocaina e 1.260 euro in banconote di vario taglio. Castellano non è stato l’unico a esser stato portato via: quella casa era stata occupata dall’ennesimo balordo di questa storia, un italiano già nei guai in passato per reati contro la persona.

Le tecniche del pusher

L’argentino, forse convinto della propria impunità, non cambiava mai mezzo. Solo e soltanto l’Honda, modello SH. L’opposto della tattica di uno dei pezzi più grossi caduti nella rete di De Simone. Ovvero quel Sascia Miranda il cui telefonino rimbombava di chiamate per chiedere la disponibilità di droga. Miranda, che aveva come epicentro degli imboschi il tratto compreso tra via degli Oleandri e via delle Petunie, cambiava per appunto mezzo, talvolta perfino nel corso dello stesso «viaggio», per cercare di depistare. Un altro accorgimento era la brevità dell’azione: soste istantanee per prendere accordi così come per vendere cocaina. Rapido. Sfuggente. E guardingo. Miranda aveva una certa ossessione nel guardarsi attorno, per il timore d’essere «spiato».

Gli applausi ai balordi

Le 16.30 dello scorso 8 novembre, il civico 5 di via delle Petunie, a Rozzano. Miranda è uscito dal condominio, dove abita la nonna, con un borsello a tracolla; poco prima s’era affacciato a lungo dal balcone, per monitorare il campo e appurare se vi fossero gli sbirri. C’erano. Ma Miranda non li ha visti. Appena ha lasciato l’androne, l’hanno agganciato. Il balordo ha reagito, è caduto addosso a uno scooter parcheggiato che è rovinato su uno dei poliziotti; si è rialzato, ha iniziato a correre mentre tre residenti che avevano assistito alla scena si sono messi in mezzo per bloccare gli agenti impegnati nell’inseguimento. Non senza difficoltà, l’operazione è stata completata e Miranda fermato. Dalle finestre si sono affacciati a decine, giovani e anziani, uomini e donne. Un coro unico, una posizione coesa: insulti contro i poliziotti, applausi insistiti e partecipati al balordo, quasi fosse un incolpevole, vittima di un’ingiustizia o magari di un pervicace accanimento.

Le notti del vizio

Quest’inchiesta della polizia, alla quale il Corriere ha «affiancato» approfondimenti sul posto, conferma, laddove ce ne fosse bisogno — e ce n’è, a fronte dell’indifferenza di altri soggetti con responsabilità dirette sul tema — la varietà e la densità dei circuiti milanesi della droga. Al bosco dell’eroina di Rogoredo, ai margini della città ancorché imbuto di disperazione e morti per overdose, fa da contraltare lo scintillio di corso Como. Notoria la presenza dei pusher africani, puntualmente catturati dalle forze dell’ordine e rimessi in libertà dalla giustizia, resta «vivo» l’approvvigionamento diretto dei locali. Le indagini potrebbero proseguire alla ricerca di complici, nel tentativo di salire di livello e scoprire chi gestisce il commercio all’ingrosso, e d’individuare falle nel sistema di protezione delle discoteche. Tema forse a parte sono gli elenchi sui telefonini degli arrestati: liste di nomi che portano a residenze delle migliori zone di Milano. Nomi anche non «ignoti», fedelissimi clienti che apprezzavano la puntualità della consegna dei balordi di periferia, la discrezione del servizio e la qualità della droga, per la felicità dei convitati a cena e degli ospiti dei divertimenti notturni. Tutti clienti, tutti tossici che dovranno cercare nuovi fornitori.

CORRIERE.IT

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