La scuola vieta le preghiere. I genitori contro il preside

riccardo arena
palermo
 

Si è preso insulti da tutta Italia, oscurantista è il più gentile, imbecille il meno cortese: è accusato di furia iconoclasta, il dirigente scolastico che, a Palermo, ha fatto togliere la statua della Madonna, le immagini dei santi e di Papa Francesco dai corridoi del suo istituto elementare. Vietati anche gli atti di culto durante le ore di lezione, la preghiera del mattino e forse pure il segno della croce prima di fare merenda.

 Laicismo, insomma, in un contesto, come quello siciliano, che è molto confessionale. Nicolò La Rocca, preside della scuola Ragusa Moleti, quartiere Cuba-Calatafimi, ambiente medio-borghese, non lontano dal centro storico, crea un putiferio ma sostiene che la circolare che ha sorpreso i bambini e creato un coro unanime di dissenso nei suoi confronti si basa su una protesta di segno contrario da parte di alcuni genitori e su un parere dell’Avvocatura dello Stato del 2009, che a sua volta interpreta le leggi. E dunque dura lex, sed lex, anche se gli effetti di sopprimere con la forza del diritto abitudini consolidate un po’ disorienta i circa 800 bambini di età compresa fra tre e dieci anni, che frequentano i tre plessi dell’istituto. Effetto non voluto, la rivolta dei genitori, uniti dalle chat contro il preside, siciliano ma per anni in servizio in Lombardia e rientrato in settembre nell’Isola. Ecco dunque la raccolta di firme, le insegnanti che non sanno che fare e appaiono pure loro indecise, ma sono costrette a vietare ai bambini tutto ciò che pare fare riferimento alla religione.

 

Un papà è tra i più decisi nell’avversare l’imposizione del dirigente: «Così – dice Domenico Calò – si destabilizzano la mente e le abitudini dei nostri figli, è un atto di autoritarismo non concordato con gli organi collegiali». Una mamma, Daniela Mirabella: «Siamo allibite. Parlo a nome di tutte le mamme cattoliche: esigiamo che le immagini sacre tornino al loro posto, che i nostri bambini tornino a recitare la preghiera». Padri e madri si affidano al parroco della vicina chiesa del Cuore eucaristico di Gesù, ma la loro raccolta di firme vogliono mandarla pure all’arcivescovo.

 

Nicolò La Rocca non si scompone: è tranquillo, ma si dice, pure lui, come i suoi alunni, sorpreso dalle reazioni politiche in tutta Italia, con cattolici dell’Udc, leghisti e forzisti scatenati e pronti a chiedere la sua testa alla ministra Valeria Fedeli. La sua circolare proibizionista scaturisce però dalla presa di posizione di segno contrario da parte di un genitore, pronto a rivolgersi al sito di un quotidiano nazionale per lamentare la presenza di un paio di statue della Madonna ritenute ingombranti, nei corridoi, sorta di altarini completati da immagini di Giovanni Paolo II e Francesco, affisse alle pareti. Da qui il documento generalista del preside La Rocca: «Ci sarebbe nella nostra scuola l’usanza, da parte di alcuni docenti, di far pregare i bambini prima dell’inizio delle lezioni e di far intonare canzoncine benedicenti prima della consumazione della merenda». Parole proibite quanto di uso assolutamente comune, del tipo «Signore benedici il cibo che stiamo per prendere e fa’ che lo abbiano tutti i bambini del mondo».

 

C’è però, scrive La Rocca nella circolare, un «parere dell’Avvocatura dello Stato dell’8 gennaio del 2009, allegato alla nota del gabinetto del Miur del 29 gennaio 2009, in base al quale è da escludere “la celebrazione di atti di culto, riti o celebrazioni religiose nella scuola durante l’orario scolastico o durante l’ora di religione cattolica, atteso il carattere culturale di tale insegnamento”». E dunque via le immagini sacre, mentre il dirigente spiega di essersi limitato «a ricordare che i riti e gli atti di culto possono essere fatti solo nelle attività extracurriculari. Le statue della Madonna erano enormi. Le avrei fatte togliere anche se fossero appartenute ad altre religioni». Ma lui, il preside, è credente? «È assolutamente ininfluente», risponde. Però tiene un crocifisso nel suo ufficio e lo consente in altre aule: «La sua presenza è regolata dalla legge, certo che lo lascio, ci mancherebbe».

LA STAMPA

 

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