Andando al voto divisi, anzi, in lotta, una sola cosa è certa per il PD e per MDP: la comune disfatta. Il PD perderà gran parte se non tutti i collegi uninominali rischiando di arrivare terzo come in Sicilia. Nel MDP che nei sondaggi continua a danzare sull’orlo dello sbarramento persino un risultato modestissimo sarebbe festeggiato come un trionfo se servisse a far arretrare il PD e a metter Renzi fuori gioco. Solo chi non si è fatto risucchiare da questa spirale d’odio e ha conservato con la capacità di analisi anche una volontà costruttiva può ancora giocare un ruolo in questo paesaggio terremotato. Si tratta di piccole forze con una grande tradizione come i socialisti, i radicali e i verdi. Si tratta anche dell’imprevedibile galassia di liste civiche che accompagna Giuliano Pisapia.

All’ex sindaco di Milano va riconosciuto il merito di aver tenuto fermo il punto: senza il PD non esiste né centro sinistra né una sinistra di governo e senza alleanza con il PD non c’è la vittoria della sinistra dura e pura ma quella del centro destra o dei grillini. Necessaria, ineludibile, questa è solo la premessa di una possibile strategia. I passaggi successivi dovrebbero vedere la convocazione di assise comuni tra queste forze e il varo di una comune piattaforma, di un nuovo soggetto – anche nella forma di una piccola coalizione – con un nuovo nome. Elementi importanti sono già presenti nel programma radicale «Più Europa», nel programma del PSI «Il merito e il bisogno» e dei Verdi. L’esperienza plurale di Campo Progressista sta delineando il proprio profilo. Questo percorso renderebbe possibile con il PD un’alleanza competitiva fondata sulla pari dignità. Senza questo, tutto si ridurrebbe a qualche salvataggio personale nelle liste del PD con nessuna utilità né per il PD né per i suoi alleati.

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