Il giovin Berlusconi alla sfida con l’ex premier Renzi

Lucia Annunziata
 

Una sovrapposizione temporale, se non una vera coincidenza; un parallelismo involontario, o forse no, ci hanno fatto provare ieri un brivido di futuro.

 Due leader così lontani fra loro per storia ed età ma entrambi così vicini all’incrocio delle loro strade verso le prossime elezioni, hanno parlato quasi alla stessa ora, nella città amata da ciascuno di loro, la Firenze di Matteo Renzi, e la grande Milano di Silvio Berlusconi. Il primo, intervenuto alla sua ottava Leopolda, con alle spalle molti successi e altrettante sonore sconfitte, non ha più ormai gli abiti dell’esordiente; il secondo nella sua più recente e restaurata versione che lo fa somigliare al ritratto di Mao Tze Dong di Andy Warhol – pure I due hanno dimostrato che non è impossibile stabilire fra poli cosi lontani una sintonia politica che potrebbe funzionare.

Una intesa che somiglierebbe a un Giano bifronte in cui ognuno porta la sua parte di popolo, e la sua parte di ossessioni.

Silvio e Matteo parlano infatti sicuramente a due pezzi di elettorato diversi.

Berlusconi con il suo intenso desiderio di sentirsi giovane («dentro di me mi sento un quarantenne») realisticamente si concentra sugli anziani.

Promette l’aumento «della pensione minima a mille euro», «cure per l’odontoiatria, cure per gli occhi, facilitazioni per i trasporti», e «persino facilitazioni per mantenere un cane, per esempio con un veterinario gratuito ogni quindici giorni».

 

Renzi va invece sui giovani più giovani, i millennials: conferma gli 80 euro estendendoli a chi ha o avrà presto figli, perché «se non si fanno più figli, il Paese non ha futuro». Una svolta umanistica su quel che verrà, molto lontana dalla passione per le tecnologie sempre sfoggiata: «Se immagino il futuro dell’Italia non penso alla robotica o all’innovazione tecnologica. Per chi fa politica prima di preoccuparsi della legge elettorale o dei collegi il suo grido è “voglio più vita”». Il riferimento a Blade Runner non e’ casuale.

Su questa distanza abissale fra anziani e giovani si stende come collante la condivisione fortissima fra I due leader di alcuni tratti biografici e alcune ossessioni, come si diceva.

 

Renzi e Berlusconi leggono entrambi la loro vita come un percorso a ostacoli in cui si sono alternate sconfitte e vittorie, grandi cadute e grandi risalite. E proprio la rimonta è il tema che nei discorsi dei due ritorna sempre, sotto varie spoglie, come la vera educazione sentimentale di un leader. L’ex Premier di Firenze ha fatto della riscossa dopo la sconfitta il «morality tale» da raccontare ai millennials della sua Leopolda.

Citando J. Rowling, l’autrice della saga di Harry Potter, Renzi racconta il difficile periodo dopo la sconfitta al referendum: «Dobbiamo avere il coraggio di partire da ciò che ci ha bruciato, il referendum. Ma oggi siamo ancora qui, più forti di prima… Ho scoperto che ho una volontà forte e più disciplina di quanto avessi pensato, ho scoperto che avevo amici veramente inestimabili, ce li ho qui, oggi».

 

La rinascita di Silvio è invece nelle cose, nel suo sorriso largo, nel vestito blu doppiopetto Caraceni ritornato in scena, nella parola facile da cui si avverte la sua tranquilla presenza sul palco. Nessun attacco ai giudici, ai comunisti, a chi lo ha fatto cadere da Palazzo Chigi. Il nuovo Silvio è rinato nella sua ritrovata centralità politica, e nella ammirazione che torna a circondarlo, togliendolo dal purgatorio dell’angolo buio in cui era stato confinato in questi ultimi anni.

 

Certo, I due sanno anche – ed è anche questa una somiglianza – che la parte più difficile del governare spesso viene dal proprio ambiente, dal proprio partito. Se Renzi ha avuto la scissione a sinistra, Silvio ha dovuto confrontarsi con il famoso «che fai, mi cacci?». Entrambi però sono sopravvissuti, ed entrambi oggi promettono che mai più guideranno campagne di pulizia nella loro area politica – Silvio è conciliante con Lega e Fratelli d’Italia almeno tanto quanto il «senza rancore» con il quale Renzi si impegna nei confronti dei suoi avversari a sinistra.

Insomma, ieri abbiamo visto il potenziale accordo che può costruirsi fra due grandi volpi che hanno affinato la loro capacità di sopravvivenza. E in un sistema politico che si presenta fragile e senza esiti certi, questa abilità è un programma in sé.

A patto ovviamente che non arrivi qualcuno, tipo i pentastellati, che queste volpi porti, come spesso è successo nella politica italiana, in pellicceria.

LA STAMPA

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