Dal Lego al Monopoli: l’era digitale inizia ad arrancare

Giulia Zonca
 

Nel giorno del Cyber Monday ci scopriamo a giocare con i Lego e non è un corto circuito, solo un ibrido di cui c’è un dichiarato bisogno. Una necessità che ha un suo indice di mercato. L’era del digitale, così come l’abbiamo vissuta nella sua prima ondata, è finita. Non torneremo indietro, ma ci mancava qualcosa e abbiamo trovato il coraggio di dirlo.

 La coda per i mattoncini di plastica, davanti al negozio monotematico più grande di Italia, appena aperto a Torino, è solo l’ultimo segnale di un’inversione che non ha nulla a che fare con la nostalgia. È tornato il vinile, abbiamo ripreso a scattare le polaroid, abbiamo riaperto Trivial Pursuit, aggiornato con domande sempre più specifiche, e il Monopoli, con grande successo delle versioni cittadine: compriamo online nei negozi del mondo però giochiamo sulle strade di casa nostra, ci sfidiamo su passioni precise non più sulla cultura generale. Ed è giusto così, l’on demand ci ha insegnato a costruire pacchetti su misura, privilegio di cui nessuno intende privarsi. Il passato è stato rielaborato, ripescato, adattato: il pezzo più venduto da Lego è l’astronave di Star Wars, una saga perfetta come metafora del momento. Non ha un tempo definito, viene costruita proprio come un Lego montando e smontando prequel e sequel in una storia che da sempre mischia tecnologia spinta e filosofia zen, inventa e recupera. Fuori dalla galassia la sintesi è un po’ più complicata, ma una dimensione unica giustamente ci annoia, fosse pure il 3D che per altro non ha mai sfondato.

 

Il revival non è recente, la libertà di sfruttarlo e rivederlo a piacimento invece sì. Fino all’anno scorso questo mondo riemerso veniva nascosto sotto l’etichetta vintage, una moda, un genere, un capriccio eccentrico. Il vintage è sempre guardato con pregiudizio perché sa di reticenza alla contemporaneità, smania di stare altrove. Ma il ritorno all’analogico non è un atteggiamento anticonformista, è la pace con i desideri insoddisfatti, un pezzo di noi archiviato troppo in fretta.

 

Non torneremo ad aprire scomode cartine quando possiamo cercare l’indirizzo sulla mappa dello smartphone, useremo tutte le app che ci sono utili per prenotare una vacanza o organizzare il lavoro e contemporaneamente regaleremo costruzioni. Non è obsoleto, è umano. Distratti dalla curiosità per i nuovi giocattoli abbiamo ceduto alla logica binaria tipica del computer: se prenoto la cena con un clic poi è vietato perdere tempo al mercato, se voglio comprare un libro vero e non trovo gusto nel pur comodo ebook, poi non sembra coerente sbloccare una bici a tempo con il codice a barre, inviato da un sistema al mio telefono. Il digitale ha preteso una radicalità che ora lo penalizza. È efficiente e quindi indispensabile, però è limitato. Va contaminato da un’intelligenza meno artificiale, vanno bene anche dei pezzi di plastica colorata.

LA STAMPA

 

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