Il femminicidio di Claretta Petacci

Ho suggerito a Mario Landriscina, sindaco di Como, di allargare la denominazione del suo meraviglioso dominio, uno dei luoghi più belli del mondo, senza alcuna presunzione ma con legittima vanità, chiamandosi sindaco di Como sul Lago di Como.

La giornata di ieri, a Lenno, è stata meravigliosa; sotto una luce perfetta che faceva splendere le ville di Balbiano e di Balbianello, Villa Carlotta in vista di Villa Gallarati Scotti a Bellagio, l’isola Comacina. Salendo fino alla chiesa di Sant’Abbondio a Giulino di Mezzegra, la veduta del lago ci fa conoscere il punto di vista di Dio, che qui ha impedito agli uomini di alterare la bellezza del creato.

Ma poco più sotto la violenza ha prevalso, macchiando la lotta di liberazione dell’inutile assassinio di Mussolini e Claretta Petacci, il 28 aprile del 1945. La targa dell’Anpi rivendica il crimine come un atto eroico: «La Resistenza pose così fine al regime fascista». E quali responsabilità aveva la Petacci? Essere stata fino all’ultimo vicina a Mussolini?

Oggi che si celebra e si difende in ogni modo la donna, perché nessuna pietà verso questa innocente barbaramente uccisa? Un caso palese di femminicidio, aggravato da un cieco desiderio di vendetta. Perché neanche una parola della Boldrina sulla Petacci? E, davanti a una violenza così ingiusta, non sia tanto improvvido il sindaco locale (non Landriscina) da dedicare la piazza del delitto ai partigiani tremezzini. Prevalgano nei luoghi della bellezza la pietà e l’oblio.

IL GIORNALE

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