L’estrema destra italiana ritrova spazi e anche voti
Sono ormai troppi i segnali per dire che sia una sorpresa: l’estrema destra è tornata. Quel mondo che per anni è stato confinato tra la cronaca nera e il folklore politico, a metà tra le risse di strada e lugubri manifesti, è a una svolta. Innanzitutto al suo interno. Storici leader, quali Roberto Fiore per Forza Nuova, o Maurizio Boccacci per Militia, sembrano ormai marginalizzati. Non sono mai riusciti a scrollarsi di dosso le scorie ideologiche del neofascismo o del fascismo tout-court. Basta vedere la grafica dei manifesti di Forza Nuova, ispirati al Boccasile peggiore, propagandista della Repubblica sociale italiana. O la M di Militia, mutuata dalla M di Benito Mussolini come campeggiava sulle tessere del Pnf.
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Marginali, divisi e anche litigiosi. Ecco dunque che Fiore concentra le energie per una Marcia su Roma, ribattezzata pudicamente Marcia dei patrioti, che già nella scelta di celebrare il 28 ottobre (compleanno del regime) la dice lunga sul nostalgismo. E Boccacci tenta di rubargli la scena sventolando solitario una bandiera della Rsi in piazza Montecitorio lo stesso giorno e si becca un Daspo urbano per i prossimi 3 anni.
Anche maneschi, quelli di Forza Nuova. Non temono di scontrarsi con i giovani di sinistra: ci fu una gigantesca rissa a Magliana, a novembre del 2016. Oppure di opporsi alla polizia. Così non si contano le denunce per manifestazione non autorizzata. Oppure i tentativi di bloccare gli sgomberi, come è successo di recente a Tor Bella Monaca, periferia Est di Roma. O ancora, all’opposto, le intimidazioni contro le famiglie di stranieri che ottengono la casa popolare. Qualche settimana fa, per queste azioni violente, Giuliano Castellino, il leader emergente nella Capitale, è finito agli arresti domiciliari assieme ad altri due attivisti.
Altro profilo, e altra marcia, sembra avere CasaPound. Si definiscono «fascisti del Terzo millennio» e le loro stesse biografie parlano di trentenni o quarantenni che non hanno pregressi in stagioni buie. Così il loro leader, Simone De Stefano, può annunciare: «Siamo stati sdoganati dai risultati elettorali, da Ostia a Bolzano, da Lucca a Lamezia Terme». Non ha tutti i torti. Solo nell’ultimo anno: 9% dei voti a Ostia, 8% a Lucca (con un candidato sindaco che umilia il M5S), 6% a Bolzano. Sono andati benino pure a Todi o L’Aquila.
Se non fosse stato per la capocciata di Roberto Spada al giornalista della Rai, con tutto il prosieguo di analisi e rivelazioni sugli ammiccamenti tra il candidato di CasaPound, Luca Marsella, e il clan Spada, forse la cavalcata trionfale dei «fascisti del Terzo millennio» sarebbe proseguita senza nemmeno suscitare troppi interrogativi e ora potrebbero festeggiare le loro 104 sedi in giro per l’Italia, e la crescita di consensi nell’area del disagio, degli arrabbiati, dei delusi dalla Lega o dal M5S. Invece la magistratura romana ha aperto un fascicolo sulle loro relazioni pericolose con gli Spada e Di Stefano sa quanto il tema può essere pesante. Tanto che ha lanciato la sua provocazione: «Faccio un appello al ministro Minniti, di chiarire se c’è questo rapporto di voto di scambio tra CasaPound e una formazione criminale. Ce lo faccia sapere subito. Se così fosse, CasaPound andrebbe sciolta immediatamente».
È un fatto però che CasaPound ormai ha messo un piede dentro le istituzioni e sogna persino il balzo in Parlamento. Tanto che da ultimo parlano di grande politica, di quale appoggio potrebbero dare al centrodestra, di come opporsi all’euro e alla Ue. Funzionano, in tutta evidenza, le loro parole d’ordine: no all’immigrazione, aiuti agli italiani, sovranismo. Stanno attenti a non ficcarsi in risse inutili. Però, se c’è da menare le mani, non è che siano gandhiani.
Hanno anche adottato la strategia degli aiuti alimentari, alla moda di Alba dorata, i neonazisti in Grecia. Vedi la distribuzione di pacchi di pasta a Ostia. Ma seguono un’accorta strategia legalitaria. Proprio ieri è iniziata la raccolta di firme per una legge d’iniziativa popolare («Reddito nazionale di natalità») che si prefigge di dare a ogni nuovo nato un assegno da 500 euro al mese fino ai 16 anni, ridicolizzando così il bonus bebè del governo e superando a sinistra pure il reddito di cittadinanza dei grillini.
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