Ilva, Calenda ferma i negoziati. “La Puglia fa saltare l’azienda”
È muro contro muro sul caso Ilva di Taranto. Da una parte governo e sindacati, dall’altra Regione Puglia e comune di Taranto: per gli uni è in gioco la sopravvivenza dell’Ilva attraverso la sua vendita; per gli altri la salute dei cittadini attraverso un nuovo piano ambientale più rispettoso dei polmoni dei tarantini. Ieri, partecipando a un convegno della Cgil, il ministro dello Sviluppo economico Carlo Calenda ha annunciato la sua decisione di bloccare tutti i tavoli in corso finché non si capirà se il ricorso della Regione Puglia e del Comune di Taranto contro il Dpcm che autorizza il Piano Ambientale di ArcelorMittal per il siderurgico di Taranto verrà respinto o accolto. E se il Tar di Lecce darà ragione agli Enti locali, dice Calenda, l’Ilva chiuderà i battenti. Perché immediatamente dopo il compratore ArcelorMittal si tirerà indietro, e l’attività del siderurgico sarà praticamente bloccata.
«È inutile proseguire una trattativa finché non è chiaro il quadro del confronto – ha scandito Calenda -. Se il Tar accogliesse il ricorso degli enti locali l’amministrazione straordinaria sarebbe obbligata a spegnere i forni del siderurgico di Taranto e fermare la produzione».
Per il ministro, «se Regione e Comune usano tutti i mezzi necessari per far saltare l’Ilva, l’Ilva salta. Non si può tenere aperto un impianto così contro la volontà locale. Ma allora Emiliano lo dica in modo chiaro che vuole chiudere Taranto, e non attraverso i ricorsi. Lo dica e se ne assuma la responsabilità».
La Cgil e la Fiom danno ragione a Calenda. Per il segretario confederale Maurizio Landini la mossa di Emiliano è sbagliata. «Questo non è il momento dei tribunali, c’è una trattativa in corso, è il momento della responsabilità – afferma -. È importante portare ArcelorMittal a utilizzare tutte le tecnologie migliori e le soluzioni possibili, la lotta dei lavoratori ha prodotto l’avvio di una trattativa vera». «Scelta sciagurata – dice il segretario generale della Uilm Rocco Palombella – se si dovessero spegnere gli impianti sarebbe la fine del sito di Taranto». Per Annamaria Furlan segretario generale della Cisl «serve responsabilità. Ci sono in ballo 20.000 posti di lavoro».
Il presidente pugliese Emiliano però respinge le critiche al mittente, difende il ricorso contro un Dpcm che rinvia ancora gli interventi ambientali, invita alla calma, e accusa: «Hanno determinato una concentrazione (produttiva di ArcelorMittal a livello europeo, ndr) ben superiore alla quota massima, e adesso cercano un capro espiatorio per dare la colpa del loro fallimento». Si rivolge al «caro ministro Calenda» il sindaco di Taranto Rinaldo Melucci: «Io rispondo alla mia coscienza e ai tarantini, non al portafogli di qualche lobbista. Se l’acquisizione non rispetta l’ambiente e le nostre priorità, è un problema di chi l’ha permessa. Taranto non si fa violentare più, i ricatti non ci spaventano». Per Melucci, «impugnare un Dpcm immorale mette a rischio la vendita di Ilva? Pazienza. Benvenuti in Europa, terzo millennio. Vuol dire che l’acquirente non era così convinto».
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