Quagliariello sui «101» rivela: Renzi lavorò per giubilare Prodi

È la primavera del 2013. Al Quirinale gli scatoloni di Napolitano sono pronti per il trasloco e sul tavolo resta solo un piattino di ovetti di cioccolato per addolcire l’addio. Ma il 18 aprile, quando il Parlamento si riunisce per eleggere il nuovo capo dello Stato, cala improvvisa «la notte più buia della Repubblica». In poche, drammatiche ore, un Pd scosso da faide e vendette incrociate brucia le candidature di Marini e Prodi, costringendo Bersani a dimettersi da segretario.

Il retroscena

È tra queste righe della storia recente che Gaetano Quagliarello, autore di Sereno è. Scena e retroscena di una legislatura spericolata (Rubbettino), rivela un particolare inedito che rischia di rinfocolare le polemiche sui 101 franchi tiratori del Pd. «Tra i grandi elettori non c’è Renzi — si legge a pagina 26 —. Il giovane virgulto è però attivissimo… In un capannello in Transatlantico, Alfano ci racconta di averlo sentito al telefono e di aver ascoltato una voce beffarda assicurare che avrebbe dato tutto il suo contributo alla giubilazione di Prodi». La prova, per il fondatore di Idea, che i renziani presero parte all’agguato contro l’ex presidente della Commissione europea, su ordine del «giovane rampante di Rignano sull’Arno».

Ascesa e declino

Il professore di Storia che fu tra i «saggi» di Napolitano ripercorre con puntiglio (e perfidia) la «repentina ascesa e il rapido declino dell’astro renziano». Gli attribuisce l’«inattitudine assoluta a concepire accordi» e lo accusa di aver scalzato Enrico Letta da Palazzo Chigi con «un disegno cinico, lucido, predeterminato». Il leader del Pd non gli è «mai piaciuto». Non a caso colleziona gufi e ha intitolato il libro Sereno è, come una canzone di Drupi del 1974: «E la volta che hai guidato tu/Dentro il fosso a testa in giù…».

Lo strappo

Nel metaforico fosso Renzi sarebbe finito per la «brutta storia» dell’elezione di Mattarella, quando il segretario del Pd rompe il patto con Berlusconi e punta dritto sull’allora giudice costituzionale. Quagliariello rivela gli sforzi di Napolitano per scongiurare lo strappo: «Mi confida che aveva pregato Renzi affinché organizzasse una cena informale con Berlusconi e Amato, per far presente loro l’impossibilità politica di far convergere il Pd sulla candidatura di quest’ultimo…». Se Renzi avesse cercato un’ampia convergenza su Mattarella, Quagliariello è convinto che l’avrebbe trovata, ma certo non avrebbe avuto il via libera di Pier Ferdinando Casini. Il quale per stroncare «con foga» l’ipotesi sul nascere si alzò «addirittura in piedi» durante un vertice.

Il dramma

L’altro filo rosso è il dramma che la decadenza di Berlusconi dal Senato rappresentò per il Pdl. Il primo agosto del 2013 la Cassazione rende irrevocabile la condanna al processo Mediaset, i dirigenti corrono a Palazzo Grazioli e «per la prima volta» Quagliariello vede Alfano piangere. Un capitolo è dedicato alla «grazia (non) ricevuta». Il senatore racconta di quando l’ex premier lo inviò sul Colle per verificare l’iniziale disponibilità del presidente Napolitano nei confronti di un possibile atto di clemenza. Dopo pareri, contropareri e documenti riservati, la missione si conclude con una fumata nera: «In seguito il Colle non avrebbe più preso in considerazione nemmeno l’ipotesi di un più minimale provvedimento di clemenza».

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