Prima della Scala, Grasso dà forfait: ci saranno Boschi e Franceschini

Si inaugura questo pomeriggio, alle 18, la stagione del Teatro alla Scala con «Andrea Chénier», dramma storico in quattro quadri su libretto di Luigi Illica e musica di Umberto Giordano. La direzione è affidata a Riccardo Chailly, la regia a Mario Martone con scene di Margherita Palli. Protagonista la coppia composta, sulla scena e nella vita, dal soprano russo superstar della lirica Anna Netrebko (Maddalena di Coigny) e da Yusif Eyvazov (Andrea Chénier). Attesi in teatro oggi il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, il ministro dei Beni culturali, Dario Franceschini, la sottosegretaria alla presidenza del Consiglio, Maria Elena Boschi, il commissario europeo per la cultura, Tibor Navracsics. Presenti anche il sovrintendente di Vienna, l’attrice Margherita Buy e Eliana de Sabata, figlia di Victor, storico direttore della Scala al quale è dedicata la serata. Forfait del presidente del Senato Pietro Grasso. Ovviamente presenti sindaco («Le assenze? La Prima è dei milanesi») e il governatore sul Palco Reale. Nonostante la contemporanea assenza di capo dello Stato e premier sarà eseguito l’Inno di Mameli. Addobbo floreale predisposto da Dolce e Gabbana. Diretta Rai. Cena alla società del Giardino.

L’opera racconta la storia del poeta francese ghigliottinato durante il periodo della Rivoluzione. Al centro, la contesa tra Chénier (realmente vissuto) e Gérard per assicurarsi l’amore di Maddalena. L’ultima messa in scena dell’opera risale al 1985, quando fu diretta dallo stesso Riccardo Chailly. E proprio mercoledì sera, al Rosetum (inaugurato nel ‘57 da Maria Callas), Chailly con l’assessore alla Cultura Filippo Del Corno, che è anche musicologo, ha raccontato ulteriori aspetti della messa a punto dell’opera. «Dal ‘63 la Scala non apriva con un’opera verista. L’ultima volta la diressi io trent’anni fa con protagonista Carreras. Chénier, al contrario delle opere francesi, venne accolto dal pubblico della Scala molto bene sin dalla prima rappresentazione del 1896. Non è giusto parlare di tradizione alla Scala se questa non viene poi realmente riscoperta. Ho registrato entusiasmo di tanti giovani orchestrali che non l’avevano mai eseguita».

Giordano, che venne a Milano per comporre l’opera e andò per qualche tempo ad abitare presso la rimessa delle statue del Cimitero Monumentale (Illica abitava in via Bramante), era un appassionato di cinema e «il ritmo del primo e terzo quadro sembrano pensati per il cinema», e anche dalle molte didascalie presenti nella partitura. Anche il coro assume importanza, il suo è un ruolo «di continua partecipazione». L’orchestra è nell’opera «un motore inesauribile, parte da lei la matrice rivoluzionaria». Quanto agli interpreti, «abbiamo lavorato parecchio con il tenore che viene da un altro tipo di repertorio, sebbene parli perfettamente l’italiano».

Per Del Corno le opere del Verismo, «nonostante qualità e successo internazionale sono state ingiustamente abbandonate, specie dalla storiografia. Averne scelto un titolo significa dichiararne l’importanza. In Chénier non siamo di fronte al solito triangolo tra soprano, tenore e baritono ma la complessità degli eventi tra i tre vengono effettivamente generati dalla rivoluzione. È un’opera ricca di citazioni, sia da Wagner che dalla tradizione rivoluzionaria».

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